Sull’UE incombe il rischio Polexit
La Commissione europea ha deferito questa settimana la Polonia alla Corte di giustizia europea per le sentenze dei giudici di Varsavia che rischiano di portare a una Polexit.
La decisione arriva mentre il governo nazionalista di destra polacco si sta battendo per ottenere 35,4 miliardi di euro di fondi Ue del Recovery Fund, che sono stati congelati a causa delle preoccupazioni sui tribunali influenzati dal governo.
La disputa è iniziata nel luglio del 2021 quando la Corte costituzionale di Varsavia ha stabilito che due misure provvisorie imposte dalla Corte di Giustizia dell’Ue l’anno precedente erano contrarie alla Carta fondamentale della nazione.
Si è trattato di una decisione senza precedenti che di fatto significherebbe che la nazione non riconosce i suoi obblighi nei confronti delle regole di Bruxelles sanciti dall’adesione che risale al 2004, mettendola quindi in pericolo.
Le sentenze della Corte Ue in questione di fatto smontavano la riforma della giustizia varata dal governo del premier Mateusz Morawiecki e dal PiS, partito di destra al governo in Polonia dal 2015 e che al Parlamento europeo siede con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni nel gruppo dei Conservatori e riformisti (Ecr).
La disputa riguarda una controversa riforma del potere giudiziario.
Nel febbraio 2020 sono entrate in vigore nuove misure che impediscono ai giudici di deferire determinate questioni legali alla Corte di giustizia comunitaria, di fatto privandola del suo potere di controllo, sancito dai trattati.
La Polonia ha anche creato una “camera disciplinare” che si pronuncia sull’indipendenza dei giudici polacchi e che ha il potere di revocare la loro immunità per far fronte a procedimenti penali.
Il PiS afferma che le riforme sono necessarie per combattere la corruzione ed estirpare i giudici dell’era comunista, ma i critici del provvedimento lo vedono come una minaccia allo Stato di diritto, un modo per porre la magistratura sotto controllo e anche per aprire la porta alla Polexit.
L’Unione europea “non ha voce in capitolo” sulla giustizia polacca aveva esultato Jaroslaw Kaczynski, leader del PiS, quando la Corte costituzionale aveva dato ragione al suo partito.
Ma la cosa non era piaciuta affatto alla Commissione che nel dicembre del 2021 ha lanciato una procedura di infrazione.
Lo scorso luglio ha poi inviato un parere motivato alla Polonia, a cui Varsavia ha risposto a settembre, respingendo il ragionamento di Palazzo Berlaymont che ora ha deciso di deferire il Paese alla Corte di Lussemburgo.
“Il primato del diritto dell’Ue garantisce che il diritto comunitario sia applicato equamente in tutta l’Unione”, mente con le sue sentenze il Tribunale costituzionale di Varsavia “ha violato i principi generali di autonomia, primato, effettività, applicazione uniforme del diritto dell’Unione”, afferma Bruxelles in una nota.
La Commissione ritiene anche che la stessa Corte suprema ormai “non soddisfi più i requisiti di un tribunale indipendente e imparziale”.
La Polonia ha respinto le argomentazioni dell’esecutivo comunitario.
“Questi argomenti sono stati sollevati dalla Commissione europea, ma non li condividiamo”, ha dichiarato il portavoce del governo, Piotr Muller, sostenendo che “in altri Paesi, come la Spagna o la Germania, il Tribunale costituzionale pone la Costituzione al di sopra del diritto dell’Unione europea e noi manteniamo la nostra opinione su questo argomento”.
Niccolò Rejetti
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