4 milioni di italiani non hanno alcuna fiducia nella politica
La bassa quota di partecipazione alle elezioni politiche e amministrative fa sorgere il sospetto, che in realtà è molto più di un sospetto, è quasi una certezza, che una quota sempre maggiore di persone si disinteressino completamente alla politica e delle notizie politiche.
Basta guardare alla percentuale di affluenza: dalle prime elezioni politiche del 1948 alle ultime del 2018 questa è infatti progressivamente calata, raggiungendo nel 2018 il tasso più basso di sempre, 72,93% per la Camera dei deputati e 72,99% per il Senato.
Per la prima volta nella storia della Repubblica sotto la soglia dell’80%.
Ma quali sono i motivi del disinteresse verso la politica?
A questa domanda ha risposto l’Istat in una ricerca tesa a verificare perché gli italiani disertano le urne. Il risultato della ricerca sono illustrati dal grafico sopra.
Il principale motivo del disinteresse verso la politica consiste nel fatto che… non interessa.
Sembra ovvio, ma più di 7 milioni di italiani non si informa, non si tiene aggiornato semplicemente perché la politica ha perso il contatto con loro.
Il secondo motivo di disinteresse verso la politica è ancora peggiore del primo: “non ho fiducia”. Ovvero: non credo che la politica possa fare qualcosa di buono per me o per la società, quindi non me ne curo.
Quasi 4 milioni di italiani ha risposto così.
Il terzo motivo del disinteresse verso le notizie politiche è che la politica “è troppo complicata”.
E, in effetti, la cronaca partitica viene presentata dai mezzi di informazione in un modo che solo pochi adepti la possono capire veramente.
Così l’immagine che si ha delle decisioni del governo, del dibattito in Parlamento, delle diatribe tra i partiti non è intellegibile dalle persone che, nella vita, si occupano di tutt’altro.
Legata a questa risposta è anche l’ultima: “non ho tempo”. È legata, e quasi consequenziale, considerando il fatto che se qualcosa è di mio interesse trovo anche il tempo di occuparmene.
Se non mi interessa o non la capisco, ovviamente, le persone occupano il tempo a fare altro.
Se la politica non interessa e tra gli elettori è sempre più diffuso un forte sentimento di sfiducia verso la classe dirigente la responsabilità forse è da attribuire a una caratteristica dei governi italiani, quella di durare troppo poco.
Facendo cosi apparire effimero e depotenziato il ruolo degli elettori.
In poche parole è inutile arrovellarsi tanto intorno alla fatidica domanda “cosa voto?” se tanto dopo circa 380 giorni il Governo cade.
E’ questa infatti la durata media di un Governo italiano considerando solo i giorni effettivi ed escludendo i giorni in carica, ovvero quelli che comprendono anche il periodo, “per il disbrigo dell’agenda corrente”, che intercorre tra la crisi di governo e le nuove elezioni.
Precisamente, dal primo luglio 1946 al Governo Draghi, l’Italia ha avuto 67 crisi di governo e ogni tonfo dell’esecutivo si porta via un po’ di fiducia dell’elettorato contribuendolo a renderlo sempre più scettico sulla necessità e il peso specifico del proprio voto e a renderlo meno attento alla quotidianità delle notizie politiche.
I dati si riferiscono al 2022 Fonte: Istat
Claudia Treves
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