Il business degli Usa ha creato disastri con la Russia
L’incredibile resistenza dell’Ucraina ha sbaragliato i piani di chi credeva che la guerra si sarebbe risolta in pochi giorni.
Gli ucraini hanno dimostrato sul campo che chi credeva alla vittoria certa della Russia si sbagliava di grosso.
«L’Ucraina, che è meno attrezzata militarmente, sta facendo il possibile per difendersi ma non possiamo pensare che i russi siano così sprovveduti da non aver previsto quanto sta accadendo», dice il generale ora in pensione Carlo Landi, già comandante del Reparto Sperimentale Volo dell’Aeronautica militare.
«Stanno limitando l’impiego brutale delle loro forze armate perché sanno di stare in mezzo all’Europa e sono nell’occhio del ciclone. Ad esempio, finora non hanno usato la forza aerea. In Siria le tattiche e le tecniche militari furono completamente diverse. Adesso, invece, sono tornati di moda gli assedi. Non ci sono più mura da scalare perché le città non ne hanno più, basta chiudere i rifornimenti alimentari, di acqua, energia elettrica e gas, e il gioco è fatto. La guerra è sempre sporca, indipendentemente dall’uso delle armi».
Una guerra che per il generale Landi, «poteva essere certamente evitata».
«La realtà» spiega Landi «è che quando c’è una guerra, o una invasione come in questo caso, bisogna andare indietro di almeno 15 anni per ricostruirne le ragioni. E Putin questo attacco lo aveva in testa da almeno 8-10 anni. La situazione in Donbass e in Crimea la conosciamo almeno dal 2014. Era sotto gli occhi di tutti. Diciamo che l’Europa ha fatto finta di non vedere».
«Putin vuole riportare la Federazione russa ai tempi dell’Unione Sovietica con un cuscinetto di Stati alleati attorno a sé per evitare che la Nato si allarghi ulteriormente. Un allargamento» sottolinea ancora Landi «voluto dagli Usa e che ha finalità meramente commerciali e industriali. Fa impressione pensare che Stati membri dell’Unione Europea, come Polonia, Bulgaria e Slovacchia, che pure hanno fatto parte del Patto di Varsavia, siano disponibili a consegnare all’Ucraina i loro Mig-29, caccia da superiorità aerea di quarta generazione di fabbricazione sovietica prima e russa poi».
«Gli americani sono tranquilli perché stanno in mezzo a due oceani. Ma cosa succederebbe se la Russia cominciasse a mettere basi missilistiche a Cuba o in Venezuela?».
«A parole, tutti dicono di volere una Unione Europea che sia davvero unita, che sia indipendente e agisca quasi fosse un blocco unico. In realtà» osserva Landi «noi dipendiamo necessariamente dalle armi degli Usa. Abbiamo bisogno dei loro missili Patriot se volessimo difenderci dalla Russia».
«Gli americani continuano a investire in un solo programma, la produzione degli F35 che vendono in tutto il mondo. L’Europa, invece» spiega il generale Landi, «ha spalmato le sue capacità militari, professionali e finanziarie su tre programmi distinti, il Rafale francese, l’Eurofighter (assemblato in quattro Paesi, Regno Unito, Germania, Italia e Spagna) e il Gripen, di produzione svedese. E poi ci domandiamo come mai quelli americani siano i mezzi migliori. Ricordiamoci di quando fu progettato il Tornado, il caccia poi sviluppato da Regno Unito, Germania e Italia. C’era dentro anche la Francia che dopo due studi decise di sfilarsi e di costruirsi da sola il Mirage».
«E sempre la Francia si ritirò dallo sviluppo dell’Eurofighter, portato avanti da Germania, Regno Unito e Italia, e lavorò sul Dassault Rafale. Abbiamo poi visto tante volte in tema di migranti, specie di quelli provenienti dalle realtà africane, come l’Europa non sia affatto unita, come se il problema fosse quasi un’esclusiva di Italia e Grecia territorialmente più vicini all’Africa. Anche in questi giorni, sono tutti d’accordo nell’imporre sanzioni a Putin. Però abbiamo la Germania che si tira indietro perché ha bisogno del gas russo per il riscaldamento».
Carlo Landi è stato per tre anni (2008-2011) addetto alla Difesa presso l’Ambasciata d’Italia a Vienna con responsabilità per la Slovacchia e l’Ungheria e di Senior Military Advisor presso l’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa.
«È la più grande organizzazione di sicurezza regionale al mondo e conta 57 Stati di Europa, Asia Centrale e Nord America. Ci sono dentro anche Russia e Ucraina. Sotto gli auspici dell’OSCE era stata creata, nel marzo del 2014, una missione speciale di osservazione in Ucraina con il mandato di contribuire a ridurre le tensioni e a promuovere la pace. Ma è servito a ben poco. Forse durante questa missione i lavori dell’OSCE e i suoi rapporti periodici non sono stati valutati nelle varie capitali con la giusta attenzione. Probabilmente noi occidentali, una volta caduto il Muro, abbiamo pensato solo a festeggiare pensando che fossero finiti i nostri problemi».
«E invece avremmo dovuto pensare a come rapportarci con l’Unione Sovietica, poi diventata Russia. Nei miei anni a Vienna ho scoperto che la parte orientale dell’Europa è molto simile a noi italiani, come mentalità e come modello di vita. E invece sin da piccoli, abbiamo guardato al modello americano come fosse l’unico da seguire o da imitare. Quanto sta accadendo in questi giorni è un retaggio della “Guerra Fredda”. L’Europa ha bisogno di adottare una politica della difesa che sia comune e con strumenti militari adeguati alle sue ambizioni sociali ed economiche. Un’Europa capace anche di agire da sola se necessario, con una autonomia che non sia per forza da qualcuno, come dalla Nato che per statuto, non dimentichiamolo, è un’Alleanza Difensiva».
«Come andrà a finire questa guerra? Impossibile fare previsioni» ammette Landi. «Nei miei anni a Vienna ho imparato che in diplomazia non bisogna mai irritare l’avversario. Ma i negoziati devono andare avanti. Diciamo che mi sarei evitato certe uscite di Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. L’Ue fa bene a prendere tempo e a dire no all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione. In quel Paese ci sono stati grossi problemi di corruzione che la Ue ha cercato di affrontare e risolvere senza riuscirvi».
«Diciamo che per entrare nella Ue ci sono regole da rispettare e parametri da osservare. Quindi, la questione appare prematura. Quanto al presidente Zelensky, dal suo punto di vista, fa benissimo a chiedere l’istituzione di una no fly zone invitando i possibili sostenitori ad entrare in lotta al fianco dell’Ucraina. Ma l’istituzione di una no fly zone, ormai lo abbiamo ripetuto tante volte, significherebbe l’entrata in guerra della Nato contro la Federazione russa. Molto meglio fa Zelensky quando parla di compromessi su Donbass e Crimea e si rende disponibile a proseguire i negoziati», chiosa il generale Landi.
la Redazione
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