Caccia e bracconaggio, quel confine sempre più labile
La si può pensare come si vuole sulla caccia, forse è un istinto primordiale e insopprimibile nell’uomo. I cacciatori dicono che favorisca il contatto con la Natura e con se stessi. Personalmente ritengo che al posto di un fucile si potrebbe tranquillamente usare una macchina fotografica. Ma forse si tratta solo di una pia illusione ecologica.
La caccia è entrata nel vivo. Si organizzano viaggi negli innevati Paesi dell’Est, o in Africa, dove le leggi sono meno rigide, o più facilmente aggirabili. Spesso i safari sconfinano nel bracconaggio. Non c’è nulla di romantico nei mercanti d’avorio, o nei cacciatori di leoni, o di specie protette. Un problema molto serio, contro i quali anche i veri cacciatori dovrebbero mobilitarsi.
Secondo il Comitato mondiale antibracconaggio, la caccia svolta in violazione delle normative vigenti, è un fenomeno molto diffuso sia in Italia sia in diversi paesi esteri secondo modalità e motivazioni differenti. Tagliole, archetti, reti nascoste nella vegetazione: sono tantissimi gli strumenti illegali che i bracconieri posizionano nei boschi, nei prati e persino nei giardini privati delle abitazioni per fare strage di innocenti. Ogni anno il Committee Against Bird Slaughter (CABS), in collaborazione con la Lega Abolizione Caccia (LAC) e le associazioni animaliste dei vari Paesi interessati, organizza numerosi campi di volontariato per la protezione della fauna selvatica finalizzati a contrastare l’attività dei bracconieri.
Nel nostro Paese l’attività di bracconaggio è praticata ma si concentra in particolare in alcune zone tra cui il Bresciano, l’isola di Ponza e il sud della Sardegna.
Brescia primeggia per la presenza di cacciatori e bracconieri proprio perché le sue montagne si trovano su una delle più importanti rotte migratorie europee. Infatti, tra il lago d’Iseo e quello di Garda, i volontari del CABS rilevano ogni anno un’enorme quantità di archetti (trappole in metallo per la cattura dei pettirossi), reti e trappole.
Le specie catturate sono molteplici: molto ambito è il pettirosso, ma anche cince, fringuelli, peppole, crocieri, balie e zigoli che spesso muoiono dopo ore di agonia.
È sufficiente dare un’occhiata ai numeri per avere un’idea di quanto possa essere imponente l’offensiva che i bracconieri lanciano nei confronti dei volatili. Durante il campo antibracconaggio dell’autunno 2012 a Brescia i volontari di CABS e LAC hanno rimosso e distrutto 963 archetti, 110 reti e 690 sep (trappole in metallo posizionate nell’erba o appese ai rami degli alberi). Per la prima volta dopo oltre 25 anni, gli archetti ritrovati sono stati meno di 1.000, mentre soltanto nei tre anni precedenti il numero oscillava tra 2.100 e 1.000. Il numero delle reti rimosse invece ha avuto un picco nel 2005 arrivando a 174, andando a calare sino a 106 nel 2008 e a 94 reti rimosse nel 2011. L’utilizzo delle sep è invece piuttosto recente, risale a una quindicina di anni fa e ed è aumentato vertiginosamente anno dopo anno con un picco di ben 949 nel 2008 e un notevole calo a 340 nell’anno successivo, tornando poi a 600 nel 2011. Nel 2012, grazie all’attività di monitoraggio, i volontari sono riusciti a denunciare alle forze dell’ordine ben 43 bracconieri.
Anche nel sud della Sardegna il bracconaggio è molto intenso: nella zona sud-est sono usate in particolare le reti mist-nets, mentre la zona ovest è disseminata di laccetti di nylon o crine di cavallo. Le trappole vengono inoltre posizionate all’interno degli arbusti di corbezzolo e ginepro carichi di bacche di cui gli uccelli sono ghiotti. La specie più ambita è il tordo, commercializzato ampiamente nel mercato locale come ingrediente principale di un piatto tipico natalizio.
L’illegalità regna sovrana nella regione e sfocia anche nella vendita di uccelli selvatici, di conseguenza le autorità faticano a portare avanti controlli incisivi.
Nel campo antibracconaggio del 2012, della durata di circa un mese, sono stati distrutti ben 2.250 lacci.
I francesi sono i principali cacciatori e trappolatori d’Europa e continuano a opporsi con forza a ogni tentativo di regolamentazione venatoria internazionale. Laccetti per tordi, schiacche, reti e vischio intrappolano e uccidono migliaia di volatili, tra cui gli ortolani, specie a rischio in tutti i paesi europei e molto ambita nella cucina francese, insieme a tordi e allodole. Ogni anno i circa 1.300.000 cacciatori francesi uccidono più di 25 milioni di animali tra piccoli uccelli, anatre, oche e columbidi. In Francia l’attività di antibracconaggio del CABS è ampiamente ostacolata sia dai violenti bracconieri sia dalla Gendarmeria, che ha negato gli interventi richiesti dai volontari che segnalavano siti di bracconaggio, arrivando sino all’emissione di un foglio di via da parte del prefetto che intimava ai volontari di lasciare il distretto con l’accusa di distruggere beni altrui, ovvero le trappole illegali contenenti lo zigolo ortolano, specie protetta.
L’attività di bracconaggio in Germania è particolarmente bizzarra e subdola, perché i cacciatori, oltre ad usare spesso il veleno, manipolano la natura in modo tale da renderla un fertile territorio di caccia, con prede in abbondanza e scarsità di predatori. Attraverso medicinali nel foraggio invernale, la popolazione di cervi, caprioli e fagiani viene fatta crescere a dismisura e al contempo vengono cacciate le specie predatrici come volpi, faine, tassi e puzzole, lasciandone i cadaveri davanti ai capanni da caccia come esche per attrarre altri animali. A questo punto il cacciatore spera nell’arrivo di prede interessanti come il cinghiale. Anche la caccia alle oche artiche è legale e i cacciatori attendono l’alba e il tramonto, momenti in cui gli enormi stormi si alzano in volo, per aprire il fuoco. Nonostante negli ultimi anni molti laghi dove le oche sono solite riposare sono diventati aree protette, il divieto viene spesso aggirato.
Grazie ad una protesta che il CABS ha rivolto direttamente all’Unione Europea, la Germania ha dovuto modificare la legge sulla caccia, garantendo periodi di protezione più lunghi a colombacci, gabbiani e cigni reali, che prima venivano cacciati anche durante il periodo della nidificazione.
In Spagna le pratiche illegali sono varie e fantasiose. Quella dell’uccellagione con il vischio, dichiarata illegale dalla corte di giustizia Europea con sentenza definitiva nel dicembre 2004 e prima ancora dalla stessa corte valenziana e dalla corte suprema spagnola, volta alla cattura del tordo bottaccio, è ancora molto diffusa. Per intrappolare i tordi vengono usati i paranys, strutture composte da gruppi di alberi, circondati da una cinta muraria, sopra i quali sono posizionati ponteggi in legno che sostengono gli uccellatori mentre distribuiscono tra i rami barrette in legno coperte di colla.
I malcapitati, attratti dai richiami elettronici, cadono al suolo incollati alle barrette, strisciano e battono le ali per ore nel disperato tentativo di liberarsi. Gli strilli strazianti proseguono fino a che, di notte, il bracconiere si reca al parany. Non solo i tordi cadono vittime di questa trappola mortale, ma anche codirossi, pettirossi e capinere.
Ogni anno i volontari denunciano alle autorità l’illegalità delle strutture, dell’utilizzo della colla e dei richiami elettronici, ma dai politici locali non arriva nessun riscontro.
La Spagna è anche protagonista del “silvestrismo” ovvero la cattura di quattro specie di fringillidi (cardellini, verdoni, verzellini e fanelli) in deroga alla Direttiva comunitaria, per addestrarli al canto. Non è tutto: gli esemplari possono essere catturati con le reti, strumento illegale, e per un mese sia d’inverno che d’estate, quando la caccia deve essere chiusa. Naturalmente poi, nelle reti dei silvestristi finiscono tutte le specie protette.
L’area di Malta è un fondamentale punto di sosta per gli uccelli migratori europei, tra cui falchi pescatori e pecchiaioli, lodolai e aironi. La caccia è una delle principali attività “sportive” dell’isola e si rivolge a tutte le specie, sia cacciabili sia protette, anche perché la legge maltese autorizza la caccia di anatre, oche e smerghi anche in mare. Le prede, invece di diventare piatti tipici, vengono rinchiuse in anguste gabbie e tenute in casa, in giardino o persino portate a spasso.
Pivieri dorati, tortore e quaglie diventano richiami vivi per la caccia e il trappolaggio e attraggono uccelli attraverso impianti di reti, il cui uso è ancora parzialmente legale.
Nel 2009, i volontari di CABS e BirdLife Malta hanno scoperto i resti di 192 uccelli protetti all’interno del Mizieb, la seconda più importante area boschiva dell’isola. I cadaveri di falchi di palude, pecchiaioli e altri rapaci erano stati abilmente nascosti in anfratti subito dopo essere stati abbattuti.
L’attività dei bracconieri e dei cacciatori è talmente intensa da aver causato l’estinzione della quasi totalità delle specie nidificanti sull’isola.
L’area greca dell’isola di Cipro, membro dell’Unione Europea dal 2004, ha il triste primato del paese con il più alto tasso di bracconaggio in Europa. Gli strumenti più utilizzati sono i bastoncini di vischio e le reti, nei quali finiscono moltissime specie diverse. La preda più ambita è la capinera, ma rimangono attaccati al vischio o impigliati nelle reti anche bigiarelle, bigie grosse, luì, pigliamosche e balie monachelle, silvie di Cipro, cince, rigogoli, ghiandaie marine, cuculi, gheppi, falchi cuculo, gufi e via dicendo. Le silvie di Cipro vengono catturate per essere vendute a caro prezzo nei ristoranti, gli uccelli più variopinti vengono generalmente venduti come animali da gabbia, mentre i volatili considerati meno interessanti vengono uccisi e gettati via. I numeri sono da capogiro: solo nel 2008 sono stati calcolati 775.000 uccelli uccisi dai bracconieri. Nonostante il trappolaggio sia vietato da legge, i controlli sono talmente rari che i bracconieri non si preoccupano nemmeno di nascondere le trappole anche perché, in caso di multa per attività illecita, non avrebbero problemi a saldarla grazie agli ingenti introiti derivati dalla vendita dei volatili.
I volontari CABS, attivi sull’isola già dal 2001, hanno rimosso e distrutto migliaia di bastoni di vischio e di reti. Nel 2012, in particolare, 4.439 bastoncini di vischio in primavera e 4.307 in autunno, 110 è il numero delle reti rimosse – di cui 95 solo in autunno – e 65 richiami elettronici.
Nel 2012 la Repubblica cipriota ha finalmente attivato una pattuglia dell’Anti-Poaching Squad a supporto dei volontari e i risultati sono stati incredibili: 27 bracconieri sono stati denunciati, contro i soli 3 dell’anno precedente!
La Commissione Europea ha dato inizio ad una procedura di infrazione nei confronti dell’isola che non ha ancora esteso i siti protetti per la conservazione dei volatili nell’ambito di Natura 2000. L’eurodeputato e vice presidente dell’Intergruppo Benessere degli Animali al Parlamento europeo, Andrea Zanoni, che ha visitato Cipro nel maggio del 2011, ha potuto constatare in prima persona la drammatica situazione e ha invitato Bruxelles a sanzionare il paese se non adotterà misure per tutelare gli uccelli migratori. Infatti l’isola ha solo 7 zone protette, mentre l’IBA (Important Bird Area) ne richiede 16.
La Romania e la Bulgaria, vista la lunga stagione di caccia e gli scarsi controlli, erano note come mete per il turismo venatorio. A causa dell’entità delle stragi di selvatici, il CABS, poco prima dell’ingresso nell’UE dei due Paesi, ha chiesto alla Comunità Europea di porre fine allo scempio. La Bulgaria ha quindi introdotto una normativa in linea con la Direttiva Europea per l’Ambiente riducendo il numero di volatili cacciabili. Purtroppo però tale restrizione non include i mammiferi come lupi, linci, orsi, sciacalli e gatti selvatici, che possono essere quindi cacciati senza controlli. L’adeguamento alla Direttiva europea ha tuttavia portato un risultato positivo: recentemente è stato infatti ripristinato il totale divieto di caccia nel delta del Danubio, dove i cacciatori italiani erano soliti commettere veri e propri massacri di uccelli acquatici.
Nel Libano l’entità del fenomeno bracconaggio è abnorme. Nonostante l’ufficiale bando della caccia dal 1995, gli uomini armati sparano a quanti più uccelli migratori possibili, per il puro gusto di farsi fotografare trionfanti mentre mostrano i grandi volatili ormai morti, pubblicando gli scatti su Facebook.
Nel 2004 le autorità libanesi hanno elaborato un disegno di legge che permette la caccia di alcune specie e ne protegge altre, tra cui rapaci, cicogne, pellicani, ma non è ancora stato approvato. Il Lebanon Eco Movement (LEM), un gruppo composto di circa 60 associazioni ambientaliste locali, monitora il fenomeno soprattutto attraverso i social network,dove il bracconaggio è sfrontato e palese a tal punto che risulta chiara l’assenza di controlli sull’attività venatoria.
L’Argentina è una delle principali mete per il turismo venatorio, considerata un vero e proprio paradiso per i cacciatori europei. Nei cataloghi di viaggi venatori il paese primeggia per l’illimitata caccia alle tortore, oche e anatre, comprese le specie a rischio. Il modus operandi consiste generalmente in appostamenti nelle zone di ricovero notturno dei volatili per poi sparare, sia contro le specie cacciabili che contro quelle protette, quando gli stormi si alzano in volo.
Il CABS, in collaborazione con le associazioni locali, ha dato il via a proteste internazionali che si sono tradotte nella chiusura della caccia alle oche su tutto il territorio nazionale a partire dal 2009. Il problema attuale quindi risulta essere il rispetto di tale divieto.
Molto resta ancora da fare. Non occorre una coscienza ambientalista estrema e militante per capire che la nostra imprudenza, anche quando non incorra in reati penali, mette in serio pericolo la biodiversità e gli equilibri del Pianeta. Basterebbe un po’ di sensibilità ambientale e del sano buon senso. Ma forse, stiamo perdendo anche quello.
Michele Pacciano
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