Pappa al pomodoro come ai vecchi tempi
Mi capita sempre più spesso di non sentirmi adeguata nel mio lavoro, di non condividere il senso delle nuove tendenze in cucina, ciò che viene proposto e piace alla gente.
La cucina dal dopoguerra fino ad oggi ha subito dei cambiamenti rapidi e radicali, come mai prima era accaduto.
Dopo il difficile periodo bellico, si cucinavano prevalentemente piatti sostanziosi e gustosi.
Gli ingredienti non erano più scarseggianti e si cominciava a divenire curiosi delle preparazioni di altre regioni.
Però si cucinava ancora principalmente per nutrire e per dare piacere ai propri commensali.
Poi, pian piano, le porzioni si sono giustamente ristrette (nouvelle cuisine) e si è iniziato a fare del cucinare un gioco inventando la cucina destrutturata prima, fusion poi, per arrivate all’attuale “molecolare“.
Il comune denominatore di queste ultime correnti di pensiero è stata la sempre maggiore importanza che ha acquistato l’aspetto visual dei piatti, i quali pian piano sono diventati sempre più belli mentre il “buono” è passato in secondo piano.
L’aspetto visivo e le presentazioni dei piatti hanno assunto un’importanza tale che si sono svuotati dei contenuti, sono composizioni artistiche ma diminuite di sapore, profumi e consistenze interessanti.
È raro trovare piatti belli a vedersi ma anche buoni, purtroppo.
È il segno di una società in fase decadente, forma, aspetto e immagine ci saziano, i contenitori sono diventati più importanti dei contenuti.
Io non mi riconosco in questa nuova tendenza per questo motivo sono sempre alla ricerca delle ricette con un’anima.
Spero non me ne vogliano gli eruditi se parlo di anima dei piatti.
L’anima a cui mi riferisco è frutto di esperienza e saggezza popolare, rivela l’impegno con cui si cucinava per migliorare i piatti e renderli più appetibili e sani.
Aggiustamenti che hanno avuto inizio dall’età del fuoco e che sono proseguiti sino pochissimo fa.
Queste sono le ricette con un’anima, e si riconoscono bene.
Per fare un esempio prendiamo la nostra toscanissima pappa al pomodoro.
Piatto antico creato per sfamare la famiglia con l’ingrediente più semplice, avanzato e raffermo.
La precedente pappa di pane insaporita di odori e resa più nutriente con l’olio si è arricchita e colorata col pomodoro non appena capito che questo ingrediente era gradevole e sano.
Sono stati gli ebrei di Livorno che l’hanno “spinto” sulle tavole di tutti.
In questo piatto c’è storia, comunicazione, contaminazione, modernità e nutrimento.
Ha un’anima.
La ricetta che propongo qui di seguito ha avuto un ultimo piccolo ma importante ritocco grazie a uno chef stellato come Marco Stabile: il pane non va cotto a lungo e girato in cottura altrimenti diventa colloso.
Eccone la preparazione per 4 persone:
Una salsa di pomodoro fatta con 1 kg di pomodori misti tra cui non devono mancare i fiorentini.
Si tagliano a pezzettoni e si mettono a freddo con poco olio, 2 spicchi di aglio tritato e basilico.
Un pizzico di sale e fuoco alto per 5-7 minuti coperto.
Passare al passaverdura.
In un tegame di terracotta fare un soffritto appassito con 1 cipolla grossa di Certaldo tagliata a spicchi sottili, 2 spicchi d’aglio a fette che però va messo a fine cottura della cipolla e peperoncino a piacere.
Quando il soffritto è pronto mettere la passata di pomodoro.
Non appena bolle inserire le fette sottilissime di pane toscano di madre raffermo meglio se non completamente bianco, circa 300 grammi.
Lasciare che il pane assorba tutta la salsa.
Mettere abbondante basilico fresco spezzettato a mano e solo a questo punto mescolare il minimo indispensabile per far amalgamare il tutto.
Spegnere e servire tiepida.
E la pappa di una volta la possiamo gustare.
Gabriella Mari
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