I 200 miliardi degli italiani nei paradisi fiscali
È stato pubblicato il report Global tax evasion 2024, uno studio di oltre 100 ricercatori in tutto il mondo, coordinato dall’economista Gabriel Zucman, promosso anche dall’Unione Europea.
Al tempo dei Greci i nostri ricchi sarebbero stati esiliati in quanto la superbia era il valore antidemocratico per eccellenza, imporsi sugli altri o non contribuire alla comunità.
I ricchi oggi governano tramite la finanza e pagano di tasse tra 0% e 0,5% della loro ricchezza.
Per questo si propone di fargli pagare almeno il 2% (sarebbero 214 miliardi per i primi 2.756 super ricchi e 250 arriverebbero dalle multinazionali che aiuterebbero i paesi alla transizione climatica).
Il messaggio dello studio è che l’evasione fiscale è una scelta politica.
Osservando la ricchezza degli italiani nei paradisi fiscali, si nota che è in forte aumento dal 2016 al 2020 e vale il 10,6% (come minimo) del Pil, circa 196,5 miliardi.
Si è spostata dai conti bancari della Svizzera (ancora però presente col 45% del totale) ad altri paradisi fiscali (in Europa 34%, in Asia 14,6% e 6% in Usa).
La ricchezza censita è quella dei conti correnti.
Una piccola parte sono immobili (Londra, Parigi, Costa Azzurra, Dubai, Singapore,…). Impossibili da calcolare gli acquisti di opere d’arte, oro, yacht, jet privati, etc.., di conseguenza il valore evaso è maggiore dei 200 miliardi.
La globalizzazione ha reso tutto intrecciato e i paradisi fiscali sono parte integrante di questo sistema. Essi sono voluti e graditi dallo stesso sistema finanziario che guadagna in particolare con la gestione dei grandi patrimoni (come dice il magistrato Francesco Greco che se ne occupa da anni).
La mancanza di una Europa politica, fatta solo di “mercati & moneta” ha favorito non solo questi paradisi ma la concorrenza tra gli Stati stessi creando regimi fiscali di favore (da Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia) ai circa 263mila ricchi scienziati, professionisti, atleti, imprenditori o pensionati con poche tasse (Cipro, Grecia, Italia, Malta e Portogallo).
Il leit motiv è sempre lo stesso: attrarre consumatori con potere d’acquisto elevato rispetto alla popolazione residente.
Il risultato finale è una tassazione minore per tutti i paesi che sta calando ad un ritmo di 150 miliardi all’anno da 10 anni (che significa meno welfare per tutti).
Temi che dovrebbero essere al centro delle politiche europee.
Per fortuna la lotta in corso ha raggiunto primi risultati, avviando il sistema di scambio informatizzato tra banche CRS (common reporting standard dell’Ocse) che ha portato a scoprire il 75% di questi soldi, nel senso che ora si sa dove sono.
Le istituzioni finanziarie sanno in quali paradisi offshore sono, ma non significa che siano tassati.
Secondo Alessandro Santoro (scienze delle finanze, Milano Bicocca) e presidente della commissione “Economia non osservata” gli Usa hanno aderito al Fatca, che impone molte regole, ma non obbliga allo scambio di informazioni del Crs, per cui è poi facile eludere le imposte.
Le nuove strategie dei super ricchi (ben curati dalle banche d’affari) sono acquistare immobili, depositari i soldi nelle “free zone” di Dubai o in alcuni Stati Usa (Nevada) dove le clausole non vengono rispettate, per eludere lo scambio di informazioni sui conti bancari.
Ci sono poi le possibilità di acquistare una residenza fittizia, come fanno anche i nostri facoltosi calciatori e tennisti per 6 mesi, così hanno un’altra cittadinanza e così il nostro fisco non vede più il ricco italiano che diventa un “fantasma” e l’altro paese si guarda bene dal segnalarlo.
Primi a fare queste cose sono le multinazionali, quasi tutte con sedi legali in paradisi fiscali.
È comico osservare la serie di normative imposte alle nostre piccole imprese e ai cittadini (anche dall’UE) e poi dare possibilità di fare affari a chi ha sede legale nei paradisi fiscali (tutte le multinazionali dei telefonini e 5G per esempio).
Un recente sondaggio Ipsos (vedi Il Corriere della Sera del 17.12.23) dice che il 72% degli italiani concordano sul fatto che il sistema economico funziona solo a beneficio dei ricchi e dei potenti e il 54% che la politica è organizzata soprattutto al loro servizio.
Per antica esperienza sanno che la rivolta paga in poche occasioni, ma vedono che viviamo un periodo in cui va bene a pochi e male a molti.
Votano malvolentieri perché chi comanda (Banca centrale, i “mercati”, il Fondo Monetario) non si capisce da dove spuntino e il Governo Meloni super votato anche per le dure critiche che faceva all’Europa, agli Stati Uniti a questi “mercati”, ora è allineato alle loro regole.
La questione dell’evasione dei soldi dei ricchi mette a repentaglio la nostra democrazia.
Una volta si diceva “No taxation without rapresentation”, ma ai ricchi se togli il voto non gli frega nulla.
La lotta quindi si sposta anche a livello mondiale e ci dovrà essere una pressione civica a partire dallo sport e dalle imprese per porre fine a questo scandalo finanziario.
Di queste questioni fondamentali si dovrebbe occupare l’Europa.
Salvarico Malleone
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