Quando l’olio di oliva cambiò la storia dell’Uomo
L’olivo coltivato (Olea europaea L. subsp. europaea var. europaea) tra le colture più importanti autoctone del bacino del Mediterraneo nel quinto millennio a. C. è già diffuso nel Levante meridionale, l’area che copre la Siria moderna, il Libano, Israele, l’Autorità palestinese e la Giordania occidentale.
Le olive hanno un uso alimentare e l’olio serve come combustibile per le lampade da illuminazione, cura del corpo, è cosmetico e nei profumi, viene usato come medicamento e nell’ordinazione di sommi sacerdoti e re.
Numerosi sono i commerci di olio documentati nella prima età del bronzo (4000 – 3000 a. C.) e tutto questo rimane più o meno invariato per oltre quattromila anni ma improvvisamente, nella tarda età del bronzo (1550 – 1200 a. C.), in un periodo di declino sociale ed economico, la domanda di olio d’oliva non diminuisce anzi inizia a crescere fino a esplodere come documentano le ricerche archeologiche sul numero di frantoi rotondi e rettangolari per produrre l’olio che divengono comuni nell’età del ferro (Takuzo Onozuka – Keeping Up with the Demand for Oil? Reconsidering the Unique Oil Presses from Late Bronze Age IIB to Iron Age IIA in the Southern Levant – Orient, Vol. XLVII, 2012).
Questo nuovo uso dell’olio di oliva avviene nella età del ferro, un metallo la cui più antica produzione sistematica inizia in Anatolia fin dal 2000 a.C. e quando l’olio di oliva, nella sua millenaria storia, diviene un “simbolo di forza” dando fama al popolo degli Ittiti, in particolare alla tribù dei Calibei, il cui nome forse deriva dal greco Chályps che significa “ferro temprato o acciaio”.
Sono i Calibei nel periodo 1400-1200 a.C. che riescono a lavorare il ferro con lo sviluppo di tecniche di fusione a temperature più alte di quelle usate per altri metalli quali oro e rame che fondono a temperature più basse.
Questo popolo costruisce forni capaci di ottenere temperature superiori a 1300 °C. sufficienti per fondere il ferro.
In questi formi si usa il minerale grezzo triturato insieme a legna da ardere messo in crogioli a tiraggio naturale, orientando i forni secondo la direzione dei venti delle vallate, poi usando mantici e soprattutto aggiungendo come combustibile l’olio d’oliva.
Questo olio serve inoltre a rendere le spade e le daghe di ferro più resistenti attraverso un processo di acciaiatura che consiste nel cospargere la lama con un impasto di olio di oliva, miscela di carboni e residui organici come osso, corno e cuoio, messa a cementare ad alta temperatura.
Poi il metallo incandescente forgiato a mano è temprato in olio d’oliva anziché acqua o urina.
Le armi di ferro forgiate con l’uso dell’olio d’oliva si dimostrano decisamente superiori a quelle di bronzo e permettono agli Ittiti di fare conquiste arrivando fino all’Egitto e il nuovo metallo forgiato con l’uso dell’olio d’oliva cambia la storia.
Il vicino Egeo è l’area dove per prima si diffonde la tecnologia del ferro per poi espandersi in Asia e in Europa e i cosiddetti Popoli del Mare sono spesso associati all’introduzione della tecnologia del ferro in Asia, come lo sono i Dori per la Grecia, ma con differenze, come quella descritta nella Bibbia.
Nel Primo libro di Samuele (13, 19-22) si racconta che i Filistei hanno il monopolio della lavorazione del ferro, tenendo i loro vicini israeliti in inferiorità militare e dipendenza economica: “In tutto il paese d’Israele non si trovava un fabbro; poiché i Filistei avevano detto: impediamo agli Ebrei di fabbricarsi spade o lance.
E tutti gli Israeliti scendevano dai Filistei per farsi affilare chi il suo vomere, chi la sua zappa, chi la sua scure, chi la sua vanga. Il prezzo dell’arrotatura era di un pim per le vanghe, per le zappe, per i tridenti, per le scuri e per aggiustare i pungoli.
Così nel giorno della battaglia avvenne che in mano a tutta la gente che era con Saul e con Gionatan non si trovava né una spada né una lancia; se ne trovava soltanto in mano di Saul e di Gionatan suo figlio”.
L’uso dell’olio di oliva per lavorare il ferro e produrre l’acciaio contribuisce a spiegare il mito greco di Athena, dea rappresentata vestita con peplo e spesso armata con elmo, lancia e scudo, dea delle arti, dei mestieri, della saggezza e soprattutto della guerra che col suo intervento tiene in mano le sorti dei conflitti e alla quale è sacro l’olivo, segno di pace dopo una guerra vinta con le armi, e albero da lei creato come dono agli ateniesi per divenire la loro divinità protettrice.
Più incerta è l’interpretazione del racconto biblico di Noè che, terminato il diluvio, dopo sette giorni fa uscire la colomba che torna col ramoscello di ulivo, segno che le acque si sono ritirate e che dopo altri sette giorni, avendola nuovamente inviata, la colomba non ritorna più testimoniando così che la terra può essere nuovamente abitata.
Ma perché la colomba riporta proprio l’ulivo?
Forse perché Noè è un provetto tecnologo come dimostra costruendo l’arca usando anche il ferro prodotto con l’olio di oliva. presidente accademia Italiana della Cucina.
Giovanni Ballarini presidente Accademia Italiana della Cucina
Commenti
Quando l’olio di oliva cambiò la storia dell’Uomo — Nessun commento
HTML tags allowed in your comment: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>