Non suonare le trombe se compi un gesto di solidarietà
L’ultima impresa eseguita dai carabinieri del Ros è stata registrata in queste ore a Palermo.
Dopo gli onori della cronaca per l’arresto del super latitante mafioso Matteo Messina Denaro i militi dell’Arma hanno compiuto un altro atto ammirevole di generosità e altruismo.
Hanno donato 10mila euro per l’acquisto di due letti per la terapia intensiva dell’unità operativa di Oncoematologia pediatrica del Civico di Palermo.
10mila euro, non tantissimi nel mare di bisogni per le cure ospedalieri, ma non qualsiasi poiché si tratta della somma del premio in denaro corrisposta dal comandante dell’Arma alle 60 persone – ufficiali esclusi – della sezione investigativa che è stata impegnata per molti anni nella cattura del boss latitante.
Tanto entusiasmo dei bambini malati davanti agli uomini in divisa e una piccola targa in ricordo del dono è stata apposta nel reparto diretto dal professor Paolo D’Angelo.
All’evento ha partecipato anche il senatore Raoul Russo, membro della commissione Sanità.
Lo spiffero sul dono è divenuto pubblica notizia proprio in seguito alla breve cerimonia al Civico.
A chi chiede lumi e particolari sull’iniziativa, il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros suggerisce la lettura di quattro versetti del capitolo 6 del Vangelo di Matteo. Per chi non ha dimestichezza con il testo, leggerlo è una vera sorpresa.
“Guardatevi – raccomanda Gesù ai suoi discepoli – dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
L’iniziativa è partita dagli stessi carabinieri che tra l’ipotesi di spese personali o utili al reparto hanno accolto di buon grado la proposta di un maresciallo per destinare la somma a un’iniziativa di solidarietà. A tal fine erano tornati al Civico Di Cristina Benfratelli di Palermo, lo stesso ospedale dell’arresto di Messina Denaro.
“Quattro mesi fa – ha raccontato il direttore Paolo D’Angelo – sono stato contattato da alcuni uomini della prima sezione del Ros e sono rimasto davvero sorpreso quando mi hanno spiegato il motivo. Sapevano che avrebbero dovuto ricevere un premio per la cattura di Matteo Messina Denaro e mi hanno chiesto cosa avrebbero potuto acquistare con quei soldi per i nostri piccoli pazienti. Pensare che la cattura di un latitante si potesse trasformare in ulteriore bene per la collettività mi ha colpito. Così, nel corso dei mesi, abbiamo iniziato a formulare delle ipotesi. Quando hanno avuto la certezza della somma ho indicato che, forse, la scelta migliore sarebbe stata l’acquisto di due letti da terapia intensiva, particolarmente tecnologici ed elettrificati, che ci consentono anche di poter pesare i nostri piccoli pazienti non in grado di salire su bilance “classiche”.
Colpisce la naturalezza con la quale il comandante dei Ros riferisce la vicenda della donazione.
“Il bene si fa e non si dice” taglia corto tanto gli pare naturale un’etica solidale per rendere migliore la società e meno bisognosa di arresti se fosse più umana e fraterna.
Ma il generale preferisce tornare a ragionare sul lungo lavoro della squadra che – messa in piedi dopo l’arresto di Provenzano nel 2007 – era stata ristrutturata nel 2010 con una strategia operativa ben articolata e paziente.
Nel mirino era stato messo Matteo Messina Denaro. E il metodo puntava a prosciugare le risorse ambientali che lo proteggevano.
Bisognava indebolire il supporto territoriale con l’arresto dei mafiosi associati e bisognava impoverire le cosche con sequestri di beni e denari.
Una via lunga ma di sicuro successo, confermato da altri arresti eccellenti anche dopo la cattura del boss di Castelvetrano.
Insomma, il lavoro del Ros continua metodico e deciso, con buoni risultati non solo in Sicilia.
Le Agenzie di stampa hanno riferito di due arresti esemplari di pericolosi boss della ‘Nadrangheta calabrese: Rocco Morabito in Brasile e Pasquale Bonavota a Genova.
E a fine giugno due operazioni importanti dei carabinieri del Ros per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip distrettuale di Catanzaro, su richiesta della Dda, a carico di 43 persone.
Tra gli indagati, anche esponenti politici calabresi.
Raimondo Adimaro
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