Il 13 agosto 1961 i comunisti alzarono il Muro di Berlino
Il nome ufficiale era Antifaschistischer Schutzwall, barriera di protezione antifascista, e in questo nome è contenuta la motivazione ufficiale della sua costruzione.
Tutti lo conoscono come il Muro di Berlino costruito dal governo comunista della Germania dell’Est ufficialmente per evitare una invasione occidentale, in realtà eretto per impedire la libera circolazione verso la Germania dell’Ovest e la fuga dall’Est.
Circa tre milioni di tedeschi dell’est passarono a ovest tra il 1949 e il 1961 quando ancora c’era libera circolazione delle persone fra i quattro settori della città, appena 5000 nei 28 anni successivi.
Le prime barriere vennero erette nella notte fra il 12 e 13 agosto del 1961: prima il filo spinato e poi il cemento.
Era un sistema di recinzioni in calcestruzzo armato, lungo 156 chilometri e alto 3,6 metri che chiudeva la parte occidentale della città di Berlino, unico territorio dell’Ovest all’interno della Germania Est, già dalla divisione del 1945 dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Era il simbolo concreto della divisione del mondo in due zone di influenza, l’immagine della Guerra Fredda. Berlino è stata fino al 9 novembre 1989 la città divisa, da una parte l’Est comunista filosovietico dall’altro la parte occidentale controllata militarmente dalla NATO e politicamente da Francia, Regno Unito e Stati Uniti.
La fortificazione era fatta nei primi anni da due muri paralleli di cemento armato. Li separava quella che è stata definita la striscia della morte, alcune decine di metri in cui molti hanno perso la vita in fuga uccise dalla polizia di frontiera della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca.
Ufficialmente i morti sono 133, molti studi parlano di almeno 200.
Negli anni il muro fu rifatto e reso più moderno e invalicabile, dal 1975 furono aggiunti fossato anticarro, bunker e torri di guardia con cecchini armati.
Il primo e più famoso passaggio fra Est e Ovest era checkpoint Charlie in Friedrichstraße.
Le vie dei tentativi di fuga furono decine, dal lanciarsi dalla finestra, alla costrizione di gallerie fino a farsi scivolare dai piloni dei cavi elettrici.
Di 75 tunnel trovati sotto la città, solo 25 arrivavano a Ovest.
Il 9 novembre del 1989 finì il mondo che chi è nato fino alla fine degli anni Settanta aveva conosciuto fino al quel momento, un mondo diviso fra Est e Ovest, fra Stati Uniti e Unione Sovietica.
Era il mondo uscito dalla Seconda Guerra Mondiale e figlio della Guerra Fredda, in cui le grandi potenze vivevano di lotta continua alla supremazia nello spazio e negli armamenti. Il muro costruito a Berlino era il simbolo di questo mondo diviso che i film americani mostravano come un incontri di pugilato in cui alla fine trionfava il buono a stelle e strisce.
Il muro cadde preso a picconate dai berlinesi dopo un via libera che nella Repubblica Democratica Tedesca quasi nessuno si aspettava. Günter Schabowski, funzionario del Partito di Unità Socialista di Germania nella DDR, disse in diretta tv che erano revocate le limitative norme per i viaggi privati all’estero.
Fu un giornalista italiano, il corrisponde dell’Ansa, Riccardo Ehrman a fare la domanda che fece capire ai tedeschi dell’Est e al resto del mondo che tutto era cambiato.
“Non crede, che abbiate commesso un grosso errore nel promulgare una precedente legge di viaggio che era solo propaganda senza sostanza? Da quando è in vigore?”.
“No, non è stato un errore. Non so, da subito”, rispose e il mondo capì che per la prima volta dal 1961 i tedeschi dell’Est si potevano muovere liberamente.
La prima cosa che fecero fu andare a buttare giù quel Muro che li aveva divisi dal mondo libero.
La fuga era cominciata. Già diecimila tedeschi dell’est avevano lasciato il paese grazie all’apertura delle frontiere dell’Ungheria verso l’occidente, l’Austria, il 23 agosto. Dalla fine dell’estate erano partite le manifestazioni di piazza.
Quella notte di novembre la libertà arrivò all’improvviso.
Guglielmo d’Agulto
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