Il sultano turco Erdogan ricatta l’EU, vuole altri soldi
“La Grecia ha portato al livello massimo la sicurezza del confine: non cercate di attraversare. La frontiera è chiusa”.
È questo il messaggio automatico che arriva su tutti i cellulari di chi si avvicina al confine tra Turchia e Grecia, nella zona di Evros.
È qui che da venerdì si ammassano più di 10 mila rifugiati siriani e afghani, defluiti in massa dai campi profughi turchi dopo che il presidente Recep Tayyip Erdogan ha annunciato l’apertura della frontiera.
Il Sultano ha già ricevuto 6 miliardi da Bruxelles per occuparsi di 3,6 milioni di profughi scappati in Turchia a causa della guerra in Siria e non farli defluire in Europa.
Ora però Ankara vuole altri fondi e secondo il portavoce del governo di Atene, Stelios Petsas, ha organizzato un vero e proprio «tentativo illegale di invadere la Grecia» inviando volontariamente al confine un’ondata di migranti.
“E noi l’abbiamo respinto”.
Da due giorni, mentre migliaia di disperati cercano di superare le recinzioni di filo spinato che dividono i due paesi per entrare in Unione Europea, Atene li respinge con lanci di lacrimogeni e l’intervento massiccio di polizia ed esercito.
Sono circa 13 mila i migranti che premono al confine e qualche centinaio è riuscito ad entrare, forse addirittura con l’aiuto dell’esercito turco che ha divelto le recinzioni.
Il governo ha dichiarato di aver impedito l’ingresso a 10 mila persone, mentre 150 sono state arrestate.
L’allarme in Grecia è massimo e non solo al confine: ieri sull’isola di Lesbo sono sbarcate circa 350 persone, più 150 su altre isole dell’Egeo, mentre gli abitanti del posto cercavano di impedire ai gommoni di attraccare.
L’isola è al collasso: nel campo profughi di Moria pensato per ospitare 3,000 persone al massimo, dove furti e stupri ormai non si contano, sono ammassate già 19.800 persone.
Nelle altre isole ce ne sono 25 mila e la situazione è insostenibile sia per i migranti che per la popolazione.
Ieri a Lesbo gli abitanti hanno aggredito il personale di alcune ong che si occupano di accoglienza: sei persone sono finite in ospedale.
La gente è infuriata perché dal 2015, quando passarono dalla Grecia un milione di persone, l’economia è crollata: il turismo sull’isola è calato del 50% nel 2016 e se nel 2011 oltre 90 navi attraccavano a Lesbo, il numero è crollato a 8 nel 2019.
Atene sta prendendo misure durissime per frenare l’immigrazione illegale: ha lanciato un bando per alzare un muro fatto di reti alte 50 cm da sistemare sulle acque di fronte a Lesbo e ha dato via libera a una nuova legge sulle richieste d’asilo che renderebbe quasi impossibile il diritto di appello per chi vede respinta la proposta e prevede il carcere dopo il primo “no” in tribunale.
Il governo ha anche assicurato che deporterà di forza immediatamente tutte le persone che entreranno in questi giorni illegalmente dal confine turco.
Questa, e altre misure, vanno contro i regolamenti internazionali e dell’Ue, ma Atene è certa che riuscirà a ottenere delle deroghe.
Del resto, la Grecia non si aspetta più nulla da Bruxelles, come sottolinea Repubblica:
“Atene sa che si gioca questa partita da sola. Dalla Ue al di là di generica solidarietà e di qualche soldo per gestire l’emergenza c’è da aspettarsi poco. La prova? I 112 mila richiedenti asilo dimenticati da Bruxelles da anni nel limbo ellenico. La Ue si era impegnata nel 2016 a assorbirne almeno 66 mila in 12 mesi. Invece siamo fermi a 21 mila in quattro anni. Una solitudine ancora più pesante ora che la guerra dei migranti mette la Grecia faccia a faccia con il nemico di sempre, la Turchia”.
La strategia di Erdogan è chiara: il presidente turco è in evidente difficoltà in Siria e utilizza i migranti come bomba umana per ricattare l’Unione Europea e ottenerne l’aiuto, politico ed economico.
Domenica Ankara ha ufficialmente dichiarato guerra al governo di Bashar al-Assad, promettendo l’invio di ulteriori truppe e mezzi a Idlib, dopo che il 28 febbraio tra i 33 (stima ufficiale) e i 100 (stima ufficiosa) soldati turchi sono rimasti uccisi in un raid siriano.
L’esercito di Assad, con l’aiuto della Russia, sta per riconquistare l’ultima provincia ancora controllata da ribelli e jihadisti, aiutati dalla Turchia, ed Erdogan è disposto a tutto pur di impedirlo.
Gli scontri a fuoco hanno causato una nuova crisi di rifugiati, con centinaia di migliaia di persone che scappano da Idlib e si ammassano al confine con la Turchia, che già ospita 3,6 milioni di rifugiati siriani.
Mentre la guerra nel nord del paese infuria, Erdogan si muove lungo due direttrici: da un lato giovedì vedrà Putin per trovare una soluzione politica allo scontro, nella speranza di ottenere l’appoggio degli alleati della Nato.
Dall’altro, minaccia l’Ue con i migranti.
Ed è proprio per decidere come rispondere a questa minaccia che si vedranno in un vertice il 26 e 27 marzo i leader dell’Unione europea.
Erdogan chiede altri tre miliardi all’Ue, dopo i 6 che già ha ricevuto negli anni scorsi, per occuparsi dei migranti e non spedirli in massa in Grecia. Secondo Repubblica, “non tutti i paesi sono contenti di versare nuovi soldi al Sultano, ma la decisione appare ineluttabile visto che a Berlino, Vienna e nelle altre capitali dell’Europa centro-orientale il pensiero della riapertura della Rotta balcanica e di arrivi in massa come quelli del 2015 è un vero incubo politico. Senza contare la crisi umanitaria in Grecia. Da stabilire se firmare un nuovo assegno da 3 miliardi di euro, come i 2 precedenti, o se questa volta optare per una cifra inferiore, ma comunque non sotto il miliardo”.
Anselmo Faidit
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