La disoccupazione femminile italiana fanalino di coda in Eu
Ad essere leggermente spostati sul lato destro dell’ottimismo l’Istat ci informa che a marzo 2018 la stima degli occupati prosegue nella crescita ed è un +0,3% rispetto a febbraio, che tradotto in cifre significa +62.000.
La crescita congiunturale dell’occupazione interessa tutte le classi di età ad eccezione dei 35-49enni.
L’aumento maggiore si stima per i giovani 25-34enni (+0,9 punti percentuali).
La crescita è dovuta interamente alla componente maschile mentre per le donne, dopo l’aumento dei mesi precedenti, si registra un calo.
Nell’ultimo mese si stima una ripresa degli indipendenti, che recuperano in parte la diminuzione osservata nei primi due mesi dell’anno e, in misura più lieve, dei dipendenti a termine, mentre restano sostanzialmente stabili i permanenti.
Dopo il calo di febbraio, la stima delle persone in cerca di occupazione a marzo registra un aumento dello 0,7% (+19.000).
La crescita della disoccupazione si concentra tra le donne e i 35-49enni.
Il tasso di disoccupazione rimane stabile all’11,0% mentre quello giovanile scende al 31,7% (-0,9 punti percentuali).
A marzo la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,8% (-104.000). Il calo riguarda entrambi i generi e tutte le classi di età ad eccezione dei 15-24enni. Il tasso di inattività scende al 34,3% (-0,3 punti percentuali rispetto a febbraio).
Nell’arco del primo trimestre 2018 si stima una crescita degli occupati dello 0,1% rispetto al trimestre precedente (+21.000). L’aumento interessa gli uomini e tutte le classi di età ad eccezione dei 35-49enni.
Crescono i dipendenti a termine (+66.000), mentre diminuiscono lievemente i permanenti (-8.000) e in misura più consistente gli indipendenti (-37.000).
Alla crescita degli occupati nel trimestre si accompagna un lieve aumento dei disoccupati (+0,1%) e un calo degli inattivi (-0,3%, -34.000).
Su base annua continua l’aumento degli occupati (+0,8%, +190.000).
La crescita interessa uomini e donne e riguarda esclusivamente i lavoratori a termine (+323 mila), mentre calano i permanenti (-51.000) e gli indipendenti (-81 mila).
Crescono soprattutto gli occupati ultracinquantenni (+391.000) e, in misura minore, i 15-34enni (+46.000) mentre calano i 35-49enni (-246.000).
Nell’arco di un anno diminuiscono sia i disoccupati (-4,0%, -118.000) sia gli inattivi (-1,1%, -150.000).
Però non appena valichiamo i confini e ci confrontiamo con gli altri Paesi europei riscopriamo di essere gli ultimi della classe in numerose classifiche.
Le ultime tabelle pubblicate dall’Eurostat ci raccontano che la parte inferiore dello Stivale è il peggio del vecchio continente per quel che concerne la disoccupazione femminile.
In Sicilia appena il 29,2% delle donne comprese tra i 15 e i 64 anni svolge un’attività lavorativa e ci ricorda che la media europea è del 64,2% mentre quella nazionale è del 48,9%.
Di poco distanziata si trova la Campania con il 29,4%, la Calabria al 30,2% e la Puglia con il 32%.
Quint’ultima è la Mayotte con il 32,5%, sono due isolotti situati di fronte al Madagascar e al Mozambico con appena 210.000 abitanti, è una regione d’Oltremare della Francia ed è considerata il 101° dipartimento.
Se si vuole osservare il complesso dell’occupazione maschile e femminile la regione europea con la percentuale più bassa è la Mayotte con il 39,2%, segue la Sicilia 40,6%, la Calabria al 40,8% e la Campania 42%.
Quint’ultima ancora una regione d’Oltremare della Francia: la Guyana, situata al nord del Brasile con appena 255.000 abitanti.
L’Italia, invece, nella graduatoria europea, con il 67,6%, è penultima per l’occupazione totale che si ferma al 58%, dopo di noi la Grecia e basta.
Ma è una percentuale che mistifica la realtà in quanto il divario tra le regioni settentrionali e quelle meridionali è quasi abissale poiché le provincie posizionate al di sopra del Rubicone superano abbondantemente le media europea sia nella graduatoria generale che in quella femminile.
La percentuale delle donne che lavorano in Italia è cresciuta (+2,4 punti tra il 2013 e il 2017) ma molto meno rapidamente che nella media europea (+3,4 punti, dal 58,7% al 62,4% nello stesso lasso di tempo) e con il Sud che continua ad arrancare.
Nel Mezzogiorno l’occupazione femminile dal 2013 al 2017 è passata dal 30,7% al 32,3 medio con una crescita di appena 1,6 punti.
Se si guarda solo all’ultimo anno l’occupazione delle donne è cresciuta di 0,8 punti in media in Italia, di 0,6 punti nella media delle regioni del Sud e di 0,9 punti in Sicilia mentre in Europa è avanzata di 1,1 punti.
Nonostante questi dati poco incoraggianti una parte della classe politica nazionale continua a spalancare le porte a quei giovanotti che fuggono dalle loro contrade perché non hanno voglia alcuna di lavorare, convinti che l’Italia sia un eldorado.
Ma i signori parlamentari questi comunicati dell’Istart e dell’Eurostat di tanto in tanto hanno tempo e voglia di leggerli?
Piero Vernigo
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