I laghetti collinari per contrastare la siccità in agricoltura
Il problema della lotta alla siccità, che appare come uno dei più gravi problemi del pianeta legati al cambiamento climatico a cui stiamo assistendo, vede nei laghetti collinari uno dei principali strumenti per preservare la nostra agricoltura.
Nella giornata di studio tenutasi presso l’Accademia dei Georgofili il 6 marzo 2018 si sono analizzate varie problematiche legate a questo tipo di opera idraulica.
Una fotografia dello stato attuale dei laghetti collinari in Toscana vede da una parte la presenza di quasi 2500 invasi, la maggior parte dei quali necessita di lavori di adeguamento e manutenzione straordinaria, e dall’altra la possibilità concreta di realizzarne altri.
La scelta dei siti dove poter costruire nuovi invasi prevede un’analisi morfologica del territorio, da eseguirsi su CTR e con rilievi topografici specifici, un’analisi geologica, volta alla verifica dell’idoneità del suolo a garantire la tenuta idraulica e al reperimento dei materiali per la costruzione dell’opera di ritenuta, e un’analisi idrologica che determini la potenzialità idrologica del sito.
La potenzialità idrologica mostra valori molto eterogenei, dipendenti dal luogo e dalle caratteristiche idrologiche del bacino sotteso e comunque compresi fra 10’000 e 600’000 m3 per km2 di bacino sotteso.
Sono stati analizzati gli elementi costruttivi principali che costituiscono questi impianti: il corpo diga, che per motivi tecnici e ambientali è costituito da un argine in terra omogenea opportunamente compattata e caratterizzato da fusi granulometrici ben definiti, un sistema di sfioro che garantisca la non tracimabilità dell’opera anche per eventi pluviometrici estremi, ed un sistema di scarico e di presa che consenta al contempo di prelevare la risorsa idrica e svuotare l’invaso in caso di necessità.
Le portate di progetto per il dimensionamento del sistema di sfioro sono caratterizzate da valori udometrici molto elevati, inversamente proporzionali alla superficie del bacino sotteso, anche fino a valori superiori a 50 m3/s per chilometro quadrato.
La realizzazione di un invaso collinare ha importanti ricadute ed effetti sul territorio a valle dell’opera: dalla possibilità di offrire strumenti per la lotta agli incendi boschivi, alla capacità di laminazione delle piene e ancora all’intercettazione del trasporto solido degli eventi pluviometrici intensi.
La capacità di laminazione è funzione prevalentemente del rapporto fra la superficie dello specchio liquido e quella del bacino sotteso, e delle caratteristiche dimensionali del sistema di sfioro.
In particolare è stato verificato che per valori del rapporto indicato superiori al 4% la capacità di laminazione attesa è superiore al 50% del valore di picco della portata in ingresso al lago, anche nelle condizioni più sfavorevoli di una piena che arriva in un momento in cui l’invaso si trova alla quota di massima regolazione (livello di sfioro).
Relativamente al problema della manutenzione di opere esistenti è da osservare che tipicamente le dighe collinari esistenti non sono per niente monitorate, mentre sarebbero comunque auspicabili sistemi di controllo del livello di invaso, della linea piezometrica all’interno del corpo diga, di eventuali punti di captazione delle perdite e di una rete di almeno tre – quattro punti di controllo periodico degli spostamenti plano altimetrici del corpo diga.
Per conservare bene queste opere dunque occorre abbinare un’attività di manutenzione dei singoli elementi costruttivi ad un’attività di vigilanza e controllo degli stessi.
Francesco Uzzani – Georgofili
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