Renzi alla 7ª Leopolda, la sinistra di ieri e di oggi
È terminata come era logico e prevedibile che terminasse con una stand ovation da finale olimpica. Tutti in piedi ad applaudire il matador gigliato colui che ha creato dal nulla una Stazione divenuta epicentro delle manifestazioni, delle iniziative e dei laboratori della sinistra del XXI secolo.
Sono giornate in cui il referendum nazionale appare su tutti gli organi d’informazione internazionale. Quasi che il futuro dell’umanità dipendesse da quello che gli elettori italiani inseriranno nelle urne del 4 dicembre: un SI oppure un NO.
La campagna elettorale Usa è agli sgoccioli e mercoledì 9 mattina sapremo chi entrerà alla Casa Bianca tra Ilary Clinton e Donald Trump. Il prescelto lo conosceremo a mezzanotte di Washington, da noi sono le 6 del mattino, dopo di che i riflettori stranieri saranno puntati sulla nostra penisola.
Barack Obama è sponsor di Matteo Renzi ed il nostro premier è sponsor di Illary.
Gran parte dei premier europei si sono espressi a favore del SI semplicemente perché sanno che in caso di vittoria dei NO il futuro di Renzi diventa parecchio nebbioso e cosparso di paletti. L’Europa dopo l’uscita e la separazione con l’Inghilterra difficilmente potrebbe permettersi, a così breve distanza, un secondo interrogativo.
Circa la metà degli italiani è propensa ad abbandonare l’EU perché è convinta che da Bruxelles ha ricevuto solo briciole offrendo in cambio risorse ed energie stornate al fabbisogno nazionale.
L’asse Parigi-Berlino è divenuto per una consistente percentuale di italiani insopportabile parassita, comunque da evitare.
Giovedì 3 novembre il quotidiano tedesco Die Welt, circa 200mila copie vendute al giorno, era in edicola con un titolo sensazionale: “Ora l’uscita dell’Italia dall’euro è più probabile che una Grexit”.
L’articolo firmato da Daniel Eckert e Holger Zschapitz affrontava l’argomento dal punto di vista socioeconomico piuttosto che da quello politico, seppure l’obiettivo camuffato fosse di natura politica.
Sosteneva che “di recente la fuga di capitali dall’Italia è notevolmente accelerata”, che metà degli italiani è favorevole ad abbandonare l’Unione Europea. A parere del Die Welt “Berlusconi aveva iniziato già nel 2011 negoziati segreti per l’uscita dell’Italia dall’euro, perché lui ed altri esponenti dell’economia non vedevano alternative”.
Vi è poi il problema della disoccupazione giovanile che si attesta sul 40% con “i ragazzi che si sentono lasciati in abbandono”.
Altro dilemma è il sistema bancario “secondo i calcoli del Fondo Monetario Internazionale i crediti in sofferenza rappresentano oggi l’80% del patrimonio netto, l’economia rischia un circolo vizioso di stagnazione”.
Il quotidiano tedesco poi calcava la mano: “In Italia non ci sono aziende innovative veramente pionieristiche che sono abbastanza grandi per giocare un ruolo a livello internazionale, e la classe media è indebolita da due decenni di situazione critica”.
Ovviamente i signori dell’Alemania essendo nazionalisti di vecchia data ci tengono a denigrare amici e parenti per potersi ben raffigurare e porsi su un gradino superiore. Dalle parti di Amburgo i paesaggi oltre i confini nazionali sono spessissimo nebulosi, piovigginosi e a tinte grigio fumo di Londra.
Di certo i redattori del quotidiano teutonico non difettano in quanto ad autostima e a supervalutazione. Per nostra fortuna Die Welt non ha scritto che la loro cucina, i loro vini, le loro opere d’arte, la loro moda, il loro mare e i loro laghi sono i migliori al mondo. Quanto a modestia abbiamo parecchio da imparare dal Die Welt.
L’Italexit “per l’unione monetaria sarebbe difficile da gestire”.
Forse ai signori teutonici è apparsa indigesta la questione immigrati e la netta e categorica dichiarazione di Renzi sugli interventi da effettuare per mettere sicurezza scuole, ospedali, edifici pubblici senza ulteriori perdite di tempo. È insostenibile che l’Italia debba far fronte da sola alle migliaia di donne, bambini, palestrati e giovanotti vari che quotidianamente si avventurano su gommoni e barconi per approdare sulle nostre coste.
Francia e Germania in Europa sino ad oggi si sono preoccupati prevalentemente di questioni industriali, finanziarie ed economiche tutelando gli interessi dei banchieri e dei grossi capitali, trascurando completamente tutto il resto. Probabilmente temono che qualora anche l’Italia seguisse la strada degli inglesi il colosso d’argilla di Bruxelles traballerebbe pericolosamente.
Matteo Renzi alla Leopolda non ha affrontato l’argomento direttamente però sa benissimo che a seconda dei risultati del 4 dicembre si deciderà il nostro futuro europeo.
Tanto, ma tanto diversi gli incontri della Leopolda da quelli che erano i raduni comunisti e della sinistra remota, tra ondeggiare di bandiere rosse ed inni bolscevichi. Manifestazioni intrise di veleno e di disprezzo astioso nei confronti degli avversari. Incontri durante i quali si individuava il nemico e lo si attaccava violentemente e frontalmente non economizzando sulla terminologia volgare ed offensiva. Nemici che si sono chiamati De Gasperi, Fanfani, Andreotti, Moro, Cossiga e per finire Silvio Berlusconi.
Va dato atto all’attuale premier di aver interrotto una prassi consolidata e lubrificata.
L’ex sindaco fiorentino sa bene che i suoi principali avversari si annidano tra i tesserati Pd, gli stessi che ieri hanno seppellito l’Ulivo ed oggi vogliono affossare il Pd “perché non erano loro a comandare la sinistra, e vogliono decretare la fine del Pd perché hanno perso un congresso e usano il referendum come uno strumento per la rivincita. Con rispetto, con umiltà ma con decisione non ve lo consentiremo … Stanno cercando di difendere solo i loro privilegi e la possibilità di tornare al potere. Sanno che il 4 dicembre è l’ultima occasione per tornare in pista”.
Prima di congedarsi ha comunicato le date del prossimo rendez-vous leopoldiano: 20-21-22 ottobre 2017.
I prossimi dodici mesi sono in agenda avvenimenti strategici per l’economia e la politica europea. Il 23 aprile 2017 primo turno elezioni presidenziali francesi; il 26 e 27 maggio summit del G7 a Taormina; a settembre le elezioni federali tedesche. Senza trascurare il particolare che l’Alta Corte di Londra ha sentenziato che deve essere il Parlamento a decidere se rimanere all’interno dell’Unione Europea e non tramite il referendum, la premier scozzese Nicola Sturgeon, leader del Partito Nazionale Scozzese, aveva dichiarato che la Scozia è pronta al referendum per lasciare il Regno Unito per rimanere nel mercato unico. Una bella matassa continentale da sbrogliare.
la Redazione
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