L’agricoltura cresce e crea posti di lavoro
L’agricoltura torna a crescere. Il fatturato segna un +1,8% su scala nazionale e ne fa il settore trainante dell’economia italiana, che, pur in affanno, mostra timidi segnali di ripresa. Fattori qualificanti del rilancio appaiono il biologico e l’agricoltura sociale, con la Puglia che fa da volano al Mezzogiorno.
Il biologico pugliese fa scuola in Italia e spopola sui mercati internazionali, soprattutto in Germania e nei paesi scandinavi. Il trend positivo è confermato dagli ottimi risultati conseguiti alla fiera di Norimberga, che ogni anno fa da barometro allo sviluppo del comparto. Secondo una recente indagine si sta assistendo ad una diffusione dei metodi di produzione dell’agricoltura biologica, mentre continua l’aumento dei consumi, delle ditte di trasformazione e dei servizi connessi alla filiera come agriturismi, mense bio, ristoranti con un aumento dell’81%.
Secondo i dati del Sinab, la Puglia è tra le prime 3 regioni produttrici con 4.803 produttori e la prima per numero di trasformatori con 1.796 operatori. Un settore che genera un fatturato stimato di circa 500 milioni di euro, con un valore riconosciuto agli agricoltori in termini di prezzo rispetto alle corrispondenti produzioni convenzionali di oltre il 20%, pari a circa 100 milioni di euro.
La continua richiesta di prodotti freschi e di stagione stimola l’imprenditore biologico a ricercare ulteriori forme di contatto commerciale con il consumatore. I timori innescati dagli scandali alimentari si sono tradotti in una seria preoccupazione per la sicurezza alimentare e in una domanda crescente di garanzie di qualità e maggiori informazioni sui metodi di produzione.
La richiesta dei consumatori di cibo biologico ha portato alla realizzazione nei Mercati di Campagna Amica di spazi destinati alle produzioni agroalimentari biologiche.
In questo importante segmento di sviluppo si inserisce anche la cosiddetta agricoltura sociale, dove la terra da lavoro a disabili, detenuti e categorie svantaggiate.
L’agricoltura diventa sempre più sociale al Sud. La riconversione di cooperative e aziende agricole, in strutture per l’immissione al lavoro di persone disabili, o comunque in condizione di svantaggio, non riguarda più solo un segmento economico di nicchia. A fronte di un fatturato nazionale annuo delle fattorie sociali, che si aggirerebbe attorno a 750 milioni di euro, di cui 150 milioni verrebbero prodotti nel Meridione.
Nel Mezzogiorno la tipologia di aziende che investono nella cosiddetta “Agricoltura sociale”, è costituita soprattutto da cooperative sociali che puntano all’integrazione socio-lavorativa di persone con disabilità fisiche e sensoriali, ma non mancano esperimenti in fase avanzata che, in convenzione con le Asl di appartenenza, abbiano mirato al recupero di soggetti con gravi deficit mentali e di autismo.
Non esiste un dato disaggregato per regioni, ma il trend appare in crescita e le aziende interessate nel Mezzogiorno a questo tipo di attività, secondo le ultime rilevazioni delle organizzazioni di categoria, sarebbero ormai più di 1000. Si tratta di realtà imprenditoriali medio-piccole, con 10-12 addetti, in gran parte legate alla cooperazione sociale e al settore dell’agriturismo: vere e proprie aziende agricole, che non nascono come veicolo di promozione sociale, ma scelgono l’agricoltura sociale e l’immissione al lavoro delle persone svantaggiate, come nuova e più proficua strategia d’intervento, quasi un bene rifugio contro la crisi in atto.
Nel Meridione gli investimenti in questo settore sono stati incentivati dai capitali che la Fondazione per il Sud, l’organismo di promozione del volontariato, presieduto da Carlo Borgomeo , ha stanziato a favore dell’economia sociale, con un gettito di oltre 300 milioni di euro. Una fetta consistente di questi fondi hanno finanziato progetti agrisociali e d’integrazione lavorativa.
Il collocamento lavorativo dei soggetti con handicap rimane un punto dolente. Il dato nazionale parla di un quarto dei soggetti assunti, di questi, solo il 5,7% viene impiegato in agricoltura. In agricoltura non vale l’equazione tra impegno sociale e non profit. Al Sud come al Nord, quando l’impresa agricola opera nel sociale esercita un’attività che deve essere remunerativa.
Non assistenzialismo ma nuova imprenditorialità. Nel Mezzogiorno l’agricoltura sociale si espande e fa profitti.
Michele Pacciano
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