Il bravo intellettuale con i suoi “Io so”
Molti addetti ai lavori (editori, titolari di librerie, ma anche comuni lettori) alla mia domanda “come definireste gli intellettuali di oggi?” hanno dato questa risposta: mercenari, venduti al miglior offerente, liberi opinionisti che tanto “liberi” non sono, molti di loro scrivono su commissione e per avere visibilità, spesso, si adattano a fare i giullari di corte (vedi Sciascia, con la sua definizione di “quaquaraqua”, uomini senza dignità che salgono e scendono dall’altalena di turno). Sarà vero? A ben guardare questa tesi potrebbe non essere priva di consistenza.
Che cos’è, oggi, un’intellettuale? È un artista e studioso che non si accontenta solo di fare opere d’arte o scientifiche, ma si sente toccato dal problema del bene pubblico, dai valori della società in cui vive. Così si esprime Tzvetan Todorov, filosofo bulgaro. Oggi purtroppo c’è un preoccupante silenzio sulla realtà che stiamo vivendo, da parte degli intellettuali italiani. In effetti, anche da quello che spesso si legge sui vari social, gli intellettuali sono come la mafia, “si uccidono tra di loro” (Woody Allen), ma si “incensano” anche tra di loro, sponsorizzando gli amici e i loro libri, facendosi le recensioni tra loro. Sembra non pensino ad altro, pare abbiano scelto di erigere un muro tra il loro sentire e il presente in cui vivono, trattando in modo distaccato e anche un po’ ironico soprattutto la politica. Vengono spesso tacciati di essere arroganti e di assumere atteggiamenti da “professori in cattedra”, come se solo loro fossero gli unici ad avere le soluzioni, i soli detentori della verità.
Oggi, come afferma il professor Angelo d’Orsi, storico e docente di Storia delle dottrine politiche, spesso ospite della trasmissione Agorà, gli intellettuali italiani hanno rinunciato a destrutturare le menzogne, ma anche ad aiutare i cittadini a comprendere, ma questo è comprensibile, facendo essi stessi fatica a capirsi, non possono capire gli altri. Eppure regalano l’impressione di essere delle autorità in grado di fornire saggi consigli e di prendersi, forse, troppo sul serio. Probabilmente qualcosa non funziona, in un paese come il nostro, dove chi ancora prende delle posizioni viene emarginato dal potere, creando una prudenza, che rasenta quasi il menefreghismo, tra gli intellettuali.
In conclusione, gli italiani desiderano fortemente gli intellettuali del passato, senza paura, senza questa sorta di “accettazione” di un presente che sembra proprio non li riguardi più.
Caterina Silvia Fiore
Interessante il riferimento a Sciascia, che sedette in Parlamento e denunciò situazioni esplosive. E Pasolini, come dimenticarlo ! Ottima idea questo articolo, scopre molti altarini.