Berlino e Parigi stabiliscono il Patto di stabilità
La trattativa sulla riforma del Patto di stabilità e crescita dell’Ue si snoda sull’asse tra Parigi e Berlino e qui si cerca una svolta.
Mercoledì 11 ottobre i ministri dell’Economia dei due Paesi Christian Lindner e Bruno Le Maire hanno avuto un lungo confronto sulla governance economica.
Al momento la fumata bianca non c’è, ma i negoziati proseguono fitti – anche tra le altre cancellerie europee -, e la presidenza spagnola continua il lavoro incessante per arrivare a un accordo entro fine anno.
E perché ciò avvenga serviranno passi avanti già al Consiglio Ecofin martedì prossimo a Lussemburgo.
“Per la Germania è fondamentale garantire finanze pubbliche solide in tutti gli Stati membri.
Abbiamo quindi bisogno di un insieme di regole efficaci e chiare che portino a riduzioni sufficienti e tempestive del deficit e del rapporto debito/Pil e garantiscano parità di trattamento per tutti gli Stati membri”, ha intanto avvertito da Berlino una portavoce.
Lo stallo del negoziato resta sui paletti posti ai conti pubblici, se fissare o meno percentuali (e quali) di riduzione del debito nell’arco del piano a 4 anni (estendibile a 7) al centro del nuovo Patto.
La proposta della Commissione ha previsto che gli Stati concordino piano di spesa in base a una traiettoria tecnica fiscale.
L’obiettivo è portare il debito in calo in maniera credibile e sostenibile nel medio e lungo periodo, saranno poi i Paesi a decidere cosa fare della propria spesa.
Perché ciò possa avvenire però i Paesi più indebitati dovranno necessariamente fare un aggiustamento maggiore a piano.
Per la Francia la proposta iniziale della Commissione si tradurrebbe in un aggiustamento gigante.
Per la Germanianon è accettabile non avere impegni già quantificati su come andrà il debito.
L’Italia che in trattativa si è spesa molto per avere uno scomputo dal conteggio della spesa degli investimenti strategici come da Pnrr (non ci sarebbe ampio consenso al momento, benché resti nella proposta spagnola), e avrebbe rimarcato nel negoziato che comunque l’aggiustamento dovrebbe essere credibile e politicamente implementabile.
Aperto anche il nodo sul ‘rischio Paese’.
La proposta dell’esecutivo parla solo di Paesi sopra e sotto il 60%, i Paesi Bassi soprattutto, ma anche la Germania, chiedono più garanzie.
Piero Vernigo
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