Macron chiude le chiese in Francia, per Covid e attentati
Mentre gli occhi sono ancora bagnati dalle lacrime versate per l’attentato di Nizza, i cattolici francesi si preparano ad affrontare un’altra durissima prova.
Venerdì è cominciato il nuovo lockdown annunciato mercoledì scorso dal presidente Macron e destinato a durare almeno fino al 1° dicembre.
Con il ritorno del reconfinement verrà interdetta la partecipazione dei fedeli alle Messe, mentre matrimoni e funerali si potranno svolgere soltanto a numero contingentato.
Il divieto sarebbe dovuto entrare in vigore da subito, ma dopo le proteste dei vescovi, il governo francese ha deciso di concedere un periodo di “tolleranza” – questo il termine utilizzato in conferenza dal primo ministro Jean Castex – per la Solennità di Ognissanti e per la Commemorazione dei Defunti.
La celebrazione delle Messe pubbliche, dunque, sarà sospesa a partire dal 3 novembre.
Una decisione fortemente contestata dall’episcopato transalpino che lo considera, come ha scritto, monsignor Marc Aillet, vescovo di Bayonne, “un grave attacco alla libertà di culto” dal momento che non ci sono stati casi di contagio all’interno delle chiese dove vengono rispettate rigorosamente tutte le precauzioni sanitarie.
Uno dei pastori più attivi in questi giorni nel mettere in evidenza le contraddizioni delle disposizioni restrittive all’esercizio del culto previste nell’articolo 47 del decreto che prescrive le misure anti-Covid è monsignor Xavier Malle, giovane vescovo di Gap-Embrun che ha commentato l’iniziativa presidenziale.
Su twitter aveva scritto “Un effetto dei nostri martiri di Nizza?”-
Il divieto di partecipare alle Messe nel giorno di Ognissanti e il 2 novembre sarebbe stato traumatico per le famiglie che hanno perso una persona cara durante il primo lockdown e non sono state in grado di accompagnarle adeguatamente.
Le persone sono morte assolutamente sole, è stato un grande fallimento della prima ondata.
Un’altra buona notizia è stata la possibilità per le famiglie e per i cappellani di continuare a visitare i nostri anziani nelle case di riposo.
Nell’articolo 47 del decreto che prescrive le misure generali per contrastare la pandemia si era deciso – con dietrofront dell’ultima ora – di stabilire un massimo di sei persone per i matrimoni e di trenta per i funerali.
Chi ha potuto decidere questi numeri?
Trenta per un funerale sono meglio dei venti previsti durante la prima ondata, ma date le dimensioni delle nostre chiese non ha alcun senso igienico.
Quanto al limite di sei persone per un matrimonio, non è rispettoso: due sposi, due testimoni, il celebrante e poi bisognerà chiedere di scegliere un solo genitore? Spero che il governo cambierà questi stupidi numeri.
Così come spero che cambierà idea sul divieto di adorazione.
I sostenitori della sospensione delle funzioni religiose si appellano alla legge di separazione tra Stato e Chiese del 1905 e dicono: “esiste il libero esercizio del culto ma rimane sotto stretto controllo statale per motivi di ordine pubblico”.
La vera questione d’ordine pubblico è quella di dover, purtroppo, proteggere le chiese dagli attacchi. Per quanto riguarda i protocolli sanitari sono stati sempre rispettati. Nessuna chiesa è diventata un “cluster”.
E con quale diritto un governo civile in un Paese in cui vige la separazione tra Stato e Chiesa decide quale tipo di culto può essere praticato in una chiesa e quale no?
Una sepoltura sì, ma un matrimonio no! Il Consiglio di Stato ha ricordato alla fine del primo lockdown che la libertà religiosa gode di uno status altamente protetto in Francia e questo è una fortuna. I giudici avevano riaperto il nostro culto prima ancora della decisione del governo.
Si deve tornare in tribunale? Bisogna che il governo revochi la sua decisione.
Poter celebrare nelle nostre chiese è importante per due motivi: beneficiare dell’aiuto dei sacramenti e vivere un tempo fraterno in comunità. E dopo l’attacco di Nizza i cristiani sono stati gravemente colpiti e devono ritrovarci nella chiesa-famiglia.
I cattolici francesi sono sotto attacco?
Qualche tempo fa, un giovane filosofo francese, Martin Steffens ha scritto un libro intitolato “Nient’altro che amore, linee guida per il martire in arrivo“.
Era prima dell’assassinio di padre Hamel a Rouen.
Il martire è etimologicamente colui che testimonia la sua fede, anche dando la vita. In questo momento c’è un’identificazione molto forte con Nostro Signore Gesù.
Ecco perché la canonizzazione è più veloce, senza bisogno di miracoli.
Ma al di là del martirio sanguinoso che prima si pensava fosse riservato ai fratelli cristiani d’Oriente, ma che ora sappiamo che potrebbe riguardare anche noi europei, c’è il martirio incruento.
Quindi il martirio dei media. Ad esempio, è impossibile in Francia affermare che non è giusto promuovere cartoni animati non rispettosi.
La Chiesa in Francia è perseguitata fin dalla Rivoluzione francese. Le chiese furono saccheggiate due volte, durante la Rivoluzione e nel 1906. I francesi hanno una grande capacità di resistenza.
Quindi, come dice san Paolo, bisogna tener duro!
Piero Vernigo
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