Quando i politici urlano la gente non va alle urne
Stiamo per avere esattamente tra quattro settimane altre forti manifestazioni di astensionismo nelle tre regioni dove si voterà, Campania, Puglia e Veneto.
Ed è il momento di dire con chiarezza qual è l’elemento principale che scatena la disaffezione elettorale.
È la comunicazione politica. Occorre distinguere con chiarezza tra politica e comunicazione politica.
La prima viene fagocitata e oscurata dalla seconda con le sue risse mediatiche, il circo straparlante, le continue scariche di stress rivolte alle persone bisognose invece di concentrazione per «conoscere e deliberare» (cit. Luigi Einaudi) votando secondo coscienza.
L’obiettivo della politica – come ha detto il presidente Mattarella parlando della Finanziaria – è quello di trovare un approdo.
L’obiettivo della comunicazione politica è, viceversa, quello di dividere, di incendiare al posto di illuminare, di allestire lo spettacolo del caos e nulla più del caos e della improduttività contundente e parolaia degli attori politici subalterni allo show allontana le persone dalla politica e dalle urne.
Su molti terreni – per esempio la politica estera o anche la consapevolezza delle esagerazioni del Green Deal e perfino la legge di bilancio che altri governi avrebbero fatto identica a quella in lavorazione adesso, per non dire dell’asse sull’economia che si è creato tra Calenda e Meloni – la destra e la parte migliore della sinistra non sono affatto lontane.
Ma quel che deve prevalere, contro il moderatismo che resta l’unica chiave di accessibilità alla politica e in realtà consiste nel radicalismo della pacatezza, è la rappresentazione esasperata della guerra continua.
Una rappresentazione purtroppo facilitata dal fatto che l’Italia è in campagna elettorale permanente.
Come altro antidoto alla deriva della disaffezione andrebbe messo in campo lo sforzo collettivo di quanti, media, politici, cittadini, sanno sopportare la vertigine della complessità e intendono fare un esercizio di profondità, rifiutando il superficialismo da baraccone e cercando di individuare la competenza che in politica non è sparita del tutto e nelle istituzioni esiste eccome ed è un patrimonio di professionalità e equilibrio che altri Paesi possono invidiarci.
Riccardo Dinoves


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