L’abusivismo edile è una prassi diffusa un po’ ovunque
Chiedersi che cosa accadrebbe se la procura milanese indagasse sul resto d’Italia (tutto) non è neppure corretto, perché il punto modale, a Milano, è se la legalità sia applicata in modo equo: ma la legalità, formalmente, c’è o c’era, il punto è solo se la legalità normativa sia stata stiracchiata per interessi privati; ma, altrove, l’illegalità è certa, ed è strutturale.
A Napoli e Reggio Calabria un’abitazione su due è costruita illegalmente o con gravi irregolarità.
A Roma l’abusivismo è meno evidente ma pervasivo, con una stratificazione storica che ha urbanizzato mezza città fuori norma.
A Milano, invece, ogni progetto è firmato e tracciato e documentato.
A Milano il processo di rigenerazione urbana ha fatto crescere il Pil locale dell’8,7%. I presunti abusi sarebbero legati a un utilizzo flessibile della Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e non stiamo parlando, insomma, di abusi in riva al mare o di costruzioni in zona rossa o demaniale: a Milano le presunte irregolarità sono tecnico-formali, consumate a colpi di comma nel dedalo del Testo Unico sull’Edilizia.
Ci si può chiedere che cosa accadrebbe se questo rigore venisse applicato al resto del Paese, se la lente milanese si posasse sulle coste cementificate, su certe colline urbanizzate, su interi quartieri cresciuti in zona agricola.
Secondo Istat e Openpolis, in Campania sono abusive 49 costruzioni su 100, in Calabria: 48 su 100, in Sicilia: 46 su 100, in Puglia 35 su 100, nel Lazio (Roma inclusa): tra il 15
Prendiamo poi le demolizioni, meglio, l’esecuzione delle ordinanze di demolizione. In Campania, su oltre 23.000 ordinanze, appena il 13,1% viene eseguito. A Roma, su 2.676 ordinanze, appena 323 sono state attuate (12,2%) e in Calabria le esecuzioni sono sotto al 10%. E in Lombardia? La media di esecuzione supera il 37%: primi anche negli abbattimenti.
Ergo: dove l’abusivismo è strutturale, la giustizia si arrende; ove le costruzioni sono formalmente tracciabili, la procura agisce.
Si diceva della Scia, la segnalazione di inizio attività: gran parte dei progetti contestati a Milano è stata avviata tramite questo strumento introdotto nel 2001 e rafforzato dal Decreto Semplificazioni del 2020: consente l’avvio di interventi anche complessi (compresa la demolizione e ricostruzione con variazioni di volume) purché siano compatibili con i piani urbanistici comunali, quando ci sono.
A Milano c’è il Piano di governo del territorio che incoraggia direttamente l’uso della Scia per gli interventi di rigenerazione urbana: quindi l’amministrazione approva, gli atti sono pubblici e le pratiche sono digitalizzate. In pratica, questa l’accusa, Milano avrebbe interpretato con eccesso di zelo le regole dello sviluppo: un problema che non ha chi, altrove, la Scia l’ha ignorata proprio o l’ha elusa direttamente a fronte di una pressione giudiziaria zero.
Non esistono neppure dei dati aggregati sull’uso della Scia nei principali comuni italiani: né Milano, né Roma, né Napoli pubblicano dei report sul rapporto tra permessi edilizi e Scia.
C’è la giurisprudenza, certo, anche se, come al solito, spesso significa che l’interpretazione di legge si sostituisce alle intenzioni originarie del legislatore.
C’è un Dpr del 2001 che distingue tra abuso edilizio totale, abuso parziale e uso improprio degli strumenti autorizzativi, tipo la snellente Scia al posto di più macchinosi iter di permessi.
La Cassazione Penale, nel 2019, ha sancito che anche un edificio ben rifinito può essere abusivo se costruito in difformità: ma si richiamava anche il principio di proporzionalità dell’intervento penale, che significa, per dirla male, che non è il caso di abbattere i grattacieli milanesi perché non tutte le carte sarebbero a posto secondo il magistrato X: anche perché renderebbe evidente che a Milano qualcuno costruisce ricchezza e qualcun altro la demolisce.
Un paio di giorni fa la Cassazione ha pure sancito che per gli edifici sopra i 25 metri non basta la Scia. Però il TAR della Lombardia si era espresso diversamente. E la Corte Costituzionale diversamente ancora. Senza contare il Consiglio di Stato.
Quindi per ora, se siano stati commessi degli abusi urbanistici a Milano, non è dato di sapere: in compenso avrebbe una risposta immediata chi volesse solo sapere se in Italia la legalità urbanistica sia applicata equamente. Risposta: no.
La giustizia colpisce i progetti autorizzati, firmati e dichiarati: non tocca, o tocca pochissimo, i milioni di metri cubi di cemento ostruiti in zone vincolate o franose o ad alto rischio sismico.
Milano resta la città dei record: rispetto ai livelli pre-pandemia ha incrementato più ricchezza di Amsterdam, Berlino e New York, ma soprattutto, record ineguagliabile, è la capitale morale di un Paese autodistruttivo che combatte l’abusivismo punendo chi costruisce meglio.
la Redazione


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