Poche infrastrutture e burocrazia bloccano il turismo
Siamo proprio sicuri che il turismo di massa sia il nemico pubblico numero uno d’Italia?
Tra burocrazia, carenze nella gestione turistica e infrastrutture ferme negli anni, il problema del sovraffollamento in città d’arte e località di mare nostrane risiede altrove.
Il nodo non deriva tanto dal numero assoluto di turisti, quanto dalla gestione di questo flusso.
Una tesi avvalorata dai numeri – che vedono l’Italia solo al quinto posto al mondo per volume di visitatori – in una falsa emergenza che porta a chiamare overtourism quella che è semplicemente mancanza di organizzazione.
Basta confrontare i dati sulle presenze turistiche nelle principali destinazioni d’Italia.
La Sardegna e la Sicilia, con le loro coste rispettivamente di quasi 1.900 e oltre 1.650 chilometri, godono di un patrimonio naturale e culturale vastissimo.

Eppure nel 2024, mentre le Canarie – con 1.500 chilometri di costa – hanno accolto 14 milioni di turisti, e le Baleari quasi 19, le due grandi isole italiane si sono fermate rispettivamente a 4,5 milioni e 5,8 milioni di visitatori.
Risultati indicativi, specie considerando che nessuna delle due compare tra le prime otto regioni più visitate d’Italia.
Il motivo di questa differenza: strategie e qualità degli investimenti.
Le Canarie e le Baleari hanno puntato su voli diretti dalle grandi città del Nord Europa, dove a maggio fa ancora freddo e a novembre si gira in cappotto, mentre nel Mediterraneo si fa ancora il bagno.
In aggiunta, l’offerta turistica spagnola è strutturata per garantire servizi e disponibilità continue.
Nelle regioni turistiche della Spagna, dalla Catalogna all’Andalusia, molti ristoranti sono aperti tutto il giorno, dalla colazione alle cene notturne.
Al contrario, in Sicilia e Sardegna pranzare dopo le due e mezza è praticamente impossibile.
Un dettaglio apparentemente minore, che segnala però mancanza di ricettività.
Le carenze più evidenti riguardano anche viabilità e strade.
Le opportunità di sviluppo sono frenate da aeroporti minori siciliani come quelli di Trapani e Comiso che non sono mai decollati, mentre la viabilità verso l’aeroporto di Catania è spesso congestionata su una stradina a due corsie, in cui si creano inevitabilmente affollamenti .
La stessa inefficienza si riscontra anche altrove nella Penisola.
Quattro ore di automobile per percorrere pochi chilometri, rallentate da cantieri continui e da una mobilità pubblica insufficiente.
Il problema non è semplicemente legato ai visitatori, ma a un’organizzazione che non riesce a gestire la loro presenza in maniera adeguata, creando congestioni, disservizi e lamentele.
Perché il turismo di qualità non vuol dire solo alberghi e ristoranti, ma ha bisogno di reti e collegamenti e anche di arte e spettacolo.
Richiede architetti, ingegneri, interpreti, guide specializzate.
E nel momento in cui tanti talenti restano inutilizzati, l’intero comparto perde potenzialità, mancando quel salto di qualità indispensabile per una gestione virtuosa e proficua.
Ecco perché, più che contingentare gli ingressi e respingere le orde di turisti sarebbe più utile spostare la riflessione sulla pianificazione di infrastrutture più efficienti, per pensare a uno sviluppo sotto ogni aspetto possibile per le nostre isole e per le migliaia di chilometri di spiaggia nazionale.
La sfida è anche culturale.
Abbandonare la categoria del nemico pubblico numero uno e abbracciare l’idea che a volte chiamiamo overtourism quello che overtourism non è.
Claudia Treves


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