100 volte il Mose ha salvato Venezia dall’alta marea
Nello scorso marzo, per la centesima volta in cinque anni, le paratoie del Modulo Sperimentale Elettromeccanico (Mose) si sono alzate dal fondale e hanno evitato che la marea allagasse Venezia.
È importante, dunque, soffermarsi per un attimo su quanto sia stata pesante e assurda la critica nei confronti di quest’opera.
In questo caso si è registrato un tipico fenomeno che in Italia abbiamo vissuto anche con la realizzazione della rete ferroviaria ad alta velocità, con la realizzazione del tunnel ferroviario ad alta velocità Torino – Lione, con la Trans Adriatic Pipeline (TAP).
Come sovente accade nel nostro Paese registriamo atteggiamenti critici ed azioni troppo spesso incontrollate e immotivate non solo di soggetti singoli, non solo di esperti autodefiniti “ambientalisti”, ma anche di schieramenti politici consolidati o in fase di consolidamento come il Partito Democratico o il Movimento 5 Stelle.
La magistrale idea e la convinta volontà di realizzare il Mose va riconosciuta a Gianni De Michelis.
Il politico veneziano, nel suo suolo di parlamentare e membro di vari Governi, cercò in tutti i modi di ricordare al mondo che non potevamo e non dovevamo consentire che “il mare distruggesse per sempre un patrimonio della umanità”.
E questa sua convinta insistenza e volontà a realizzare, prima sperimentalmente e poi realmente, l’opera divenne concreta solo con il governo Berlusconi.
Infatti nel dicembre del 2001, con la legge 443 (legge Obiettivo), grazie alla volontà e alla mirata concretezza dell’allora Ministro Pietro Lunardi, l’opera fu definita strategica.
La legge 443 era, a tutti gli effetti, una legge programmatica (al suo interno infatti erano contenute tutte le opere strategiche, tra cui il Mose) e, per trasformare questo quadro programmatico in interventi supportati da adeguate risorse, nel 2002 fu varata la Legge 166 che rese possibili l’avvio concreto dei progetti e la realizzazione del Mose.
Piero Vernigo
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