Papa Francesco è tornato alla casa del Padre
Alle ore 9:47 di questa mattina lunedì 21 aprile 2025, Lunedì dell’Angelo,, sua eminenza, il card. Kevin Joseph Farrell, camerlengo di Santa Romana Chiesa, ha annunciato con dolore la morte di Papa Francesco (nato Jorge Mario Bergoglio il 17 dicembre 1936 a Buenos Aires), con queste parole:
“Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco.
Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa.
Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati.
Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.
Un messaggio chiaro ha caratterizzato il pontificato Francesco, insediato il 19 marzo 2013, e che è destinato a rimanere, è quello della misericordia.
«La misericordia di Dio è la nostra liberazione e la nostra felicità. Noi viviamo di misericordia e non ci possiamo permettere di stare senza misericordia: è l’aria da respirare. Siamo troppo poveri per porre le condizioni, abbiamo bisogno di perdonare, perché abbiamo bisogno di essere perdonati».
Papa Francesco, 266° Pontefice della Chiesa cattolica, ci ha lasciato improvvisamente questa mattina, dopo aver dato l’ultima benedizione Urbi et Obi nel giorno di Pasqua dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, dopo aver fatto l’ultimo giro tra la folla, per benedire e salutare.
Il primo Pontefice argentino, il cui motto era “Miserando atque eligendo”, nella storia della Chiesa ha affrontato tanti temi, in particolare l’attenzione verso i poveri, la fratellanza, la cura della Casa comune, il no deciso e incondizionato alla guerra.
Ma il cuore del suo messaggio, quello che certamente ha fatto più breccia, è il richiamo evangelico alla misericordia.
A quella vicinanza e tenerezza di Dio verso chi si riconosce bisognoso del suo aiuto.
Tutto il pontificato di Jorge Mario Bergoglio è stato vissuto all’insegna di questo messaggio, che è il cuore del cristianesimo.
Fin dal primo Angelus recitato il 17 marzo 2013 dalla finestra di quell’appartamento papale che non avrebbe abitato, Francesco ha parlato della centralità della misericordia, ricordando le parole riferitegli da un’anziana signora venuta a confessarsi quando lui era da poco vescovo ausiliare di Buenos Aires: «Il Signore perdona tutto… Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe».
Il Papa venuto «dalla fine del mondo» non ha apportato cambiamenti agli insegnamenti della bimillenaria tradizione cristiana, ma riportando in modo nuovo la misericordia al centro del suo magistero, ha cambiato la percezione che tanti avevano della Chiesa.
Ha testimoniato il volto materno di una Chiesa che si china su chi è ferito e in particolare su chi è ferito dal peccato.
Una Chiesa che fa il primo passo verso il peccatore, come Gesù fece a Gerico, invitandosi a casa dell’impresentabile e odiato Zaccheo, senza chiedergli nulla, senza precondizioni.
Ed è perché si è sentito per la prima volta guardato e amato così, che Zaccheo si è riconosciuto peccatore trovando in quello sguardo del Nazareno la spinta per convertirsi.
In tanti, duemila anni fa, si scandalizzarono vedendo il Maestro entrare nella casa del pubblicano di Gerico.
Tanta gente si è scandalizzata in questi anni per i gesti di accoglienza e di vicinanza del Pontefice argentino verso ogni categoria di persone, in special modo per “impresentabili” e peccatori.
Nella sua prima omelia a una messa con il popolo, nella chiesa di Sant’Anna in Vaticano, Francesco disse: «Quanti di noi forse meriterebbero una condanna! E sarebbe anche giusta. Ma Lui perdona! Come? Con la misericordia che non cancella il peccato: è solo il perdono di Dio che lo cancella, mentre la misericordia va oltre. È come il cielo: noi guardiamo il cielo, tante stelle, ma quando viene il sole al mattino, con tanta luce, le stelle non si vedono. Così è la misericordia di Dio: una grande luce di amore, di tenerezza, perché Dio perdona non con un decreto, ma con una carezza».
Durante tutti gli anni del suo pontificato, il 266° successore di Pietro ha mostrato il volto di una Chiesa vicina, capace di testimoniare tenerezza e compassione, accogliendo e abbracciando tutti, anche a costo di correre dei rischi e senza preoccuparsi delle reazioni dei benpensanti.
«Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade – aveva scritto Francesco in “Evangelii gaudium”, la road map del suo pontificato – piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze».
Una Chiesa che non confida nelle capacità umane ma si fa trasparente per far conoscere il volto misericordioso di Colui che l’ha fondata e la fa vivere da duemila anni.
È quel volto e quell’abbraccio che tanti hanno riconosciuto nel Vescovo di Roma venuto dall’Argentina, che aveva iniziato il pontificato andando a pregare per i migranti morti in mare a Lampedusa, e l’ha concluso immobilizzato in sedia a rotelle, spendendosi fino all’ultimo istante per testimoniare al mondo l’abbraccio misericordioso di un Dio vicino e fedele nell’amore verso tutte le sue creature.
Ieri, nella Domenica di Pasqua, la sua ultima apparizione in pubblico in Piazza San Pietro e il suo saluto alla folla che si era radunata per la Messa, celebrata dal card. Comastri, per la benedizione Urbi et Orbi.
Il corpo del Papa verrà portato, secondo quanto prevede l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, nella Cappella di Santa Marta dove avverrà la constatazione di morte. Sempre seguendo le indicazioni previste dall’Ordo, tutto questo dovrebbe avvenire in serata.
La notizia è arrivata in una piazza San Pietro attonita dove molti fedeli che arrivano non sanno della morte del Papa. Moltissimi i pellegrini che stamani stavano varcando la Porta Santa per il Giubileo.
Si attendeva, come nelle altre domeniche, il testo scritto del Regina Coeli (la preghiera mariana che durante il periodo pasquale sostituisce l’Angelus) anche se si sapeva che il Papa non si sarebbe affacciato.
L’ultima apparizione di Bergoglio, 88 anni, è stata ieri nella Domenica di Pasqua quando Francesco si è affacciato dalla Loggia centrale delle Benedizioni della Basilica di San Pietro per la benedizione dopo il Messaggio Urbi et Orbi e poi è voluto scendere in piazza tra i fedeli sulla papamobile per salutare i fedeli presenti.
In questa Settimana Santa sono state numerose le apparizioni del Papa, ancorché sofferente e molto provato.
Domenica scorsa, in occasione delle Palme, era arrivato sul sagrato in sedia a rotelle per salutare i fedeli al termine della celebrazione.
Giovedì Santo è voluto andare nel carcere di Regina Coeli per salutare i detenuti.
All’uscita, aveva detto ai cronisti, «Vivrò la Pasqua come posso». I riti del Triduo pasquale sono stati presieduti dai vari cardinali delegati dal Pontefice.
All’annuncio della morte, la Basilica di Santa Maria Maggiore, dove il Papa si era recato per pregare prima delle Palme e dove ha scelto di essere sepolto, ha suonato a lutto.
Ora si apre il periodo di sede vacante, durante il quale la Santa Sede viene retta dal card. camerlengo, Kevin Farrell, lo stesso che ha dato l’annuncio della morte del Pontefice dalla Cappella di Casa Santa Marta.
Periodo che si concluderà con la convocazione di un Conclave e l’elezione di un nuovo vescovo di Roma.
Francesco ha nominato l’80% dei cardinali che, con meno di 80 anni, entreranno nella Cappella Sistina.
Molti di loro scelti nei più disparati paesi del mondo, non si conoscono.
Numerose le reazioni di cordoglio da parte dei leader di tutto il mondo e dal mondo cattolico.
«È un momento doloroso e di grande sofferenza per tutta la Chiesa», ha detto in una nota il presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi, «affidiamo all’abbraccio del Signore il nostro amato Papa Francesco, nella certezza, come lui stesso ci ha insegnato, che “tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre”. Chiedo a tutte le Chiese in Italia che siano suonate le campane delle chiese in segno di lutto e che siano favoriti momenti di preghiera personale e comunitaria, in comunione tra di noi e con la Chiesa universale».
Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso il suo cordoglio: «Ho appreso con grande dolore personale la notizia della morte di Papa Francesco, avvertendo il grave vuoto che si crea con il venire meno del punto di riferimento che per me ha sempre rappresentato», ha detto in un messaggio, «la morte di Papa Francesco suscita dolore e commozione tra gli italiani e in tutto il mondo. Il suo insegnamento ha richiamato al messaggio evangelico, alla solidarietà tra gli uomini, al dovere di vicinanza ai più deboli, alla cooperazione internazionale, alla pace nell’umanità. La riconoscenza nei suoi confronti va tradotta con la responsabilità di adoperarsi, come lui ha costantemente fatto, per questi obiettivi»
la Redazione
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