Anche in Spagna la destra avanza, incognita per governare
La Spagna torna alle urne, la quarta nel corso degli ultimi 4 anni.
Per la seconda volta consecutiva, il leader socialista Sanchez non ha raccolto nelle urne quella maggioranza che sperava per poter governare da solo.
I Socialisti arretrano e passano da 123 deputati a 120, rimangono ancora il primo partito ma non hanno alcuna possibilità di trovare una maggioranza di sinistra in parlamento.
Vincitore incontestabile è senza dubbio Vox che ottiene il 15,2% e 52 seggi, più del doppio di quelli ottenuti sette mesi fa (24), ed è diventato la terza forza politica in Spagna dietro solo ai due grandi partiti tradizionali del paese, il PSOE e il PP.
Vox è stato il primo partito nella comunità autonoma di Murcia, nel sud della Spagna, dove ha ottenuto circa 10mila voti in più rispetto al PP, e in quella di Ceuta, una delle due enclavi spagnole in Marocco (l’altra è Melilla).
Si è inoltre imposto come primo partito in diversi municipi della comunità autonoma di Madrid, soprattutto a sud della capitale.
Vox, alla pari di tanti altri partiti non allineati a sinistra, è accusato di essere di estrema destra, ma in realtà ha raccolto i frutti della coerenza sui quei valori non negoziabili tanto cari ai cattolici spagnoli.
I Popolari crescono e passano da 66 deputati a 87.
Sconfitta l’estrema sinistra di Podemos (da 42 a 35).
Tonfo pauroso dei liberali equilibristi di Ciudadanos, compagni di merenda di Emmanuel Macron, che pagano gravemente le ambiguità del suo leader che, persino in campagna elettorale, aveva aperto ad un Governo istituzionale con i socialisti.
Gli alleati spagnoli del presidente francese passano da 57 deputati a 10, un autentico tracollo.
La Spagna esce dall’appuntamento elettorale con una geografia politica trasformata, un centro destra con rapporti di forza diversi, ma con gli stessi problemi di 6 mesi orsono, ovvero la necessità di un governo istituzionale o una coalizione bi-partisan che possa guidare il paese in vista di elezioni a breve scadenza.
Le ennesime consultazioni in Spagna sono state fortemente volute dal premier (minoritario) socialista Sanchez.
Si era già votato lo scorso 29 Aprile, ne era uscito un Partito Socialista senza maggioranza che, invece di saldare una coalizione con la sinistra populista di Podemos, ha preferito sciogliere le camere e ritornare al voto.
Continua a sgonfiarsi il fenomeno Sanchez.
Gli avvenimenti succedutisi infatti da settembre hanno eroso la credibilità del leader socialista che avrebbe voluto presentarsi tanto all’estero, quanto nel proprio paese, come ‘moderato’.
Sanchez ha dapprima forzato ogni decisione per ‘esumare e traslare’ la salma di Francisco Franco dall’Abbazia benedettina della Valle de los Cajdos, meta non solo di pellegrinaggi delle destre, ma soprattutto luogo in cui moltissimi spagnoli amano recarsi a pregare per far memoria della ecatombe provocata dai rossi comunisti ed anarchici contro migliaia di preti, suore e credenti durante la Guerra Civil Española del 1936-39.
Il processo e le condanne per le dimostrazioni e i moti ‘indipendentisti catalani’, insieme alla sostanziale ambiguità tenuta da Sanchez e dal governo socialista verso i partiti indipendentisti della regione, così come la poca fermezza dimostrata contro i vandali distruttori durante le dimostrazioni delle ultime settimane a Barcellona, hanno ulteriormente polarizzato gli elettori spagnoli.
4 elezioni politiche in 4 anni, sfiancherebbero qualunque cittadino modello, lo stress elettorale e soprattutto l’incapacità dimostrata da Sanchez nell’ultimo anno di governare il paese e formare una coalizione di sinistra, insieme all’ambiguità sui principi non negoziabili dimostrata dal Ppe del giovane Pablo Casado, hanno spinto moltissimi spagnoli moderati a votare e far crescere Vox, partito identitario e molto coerente sui temi della vita umana, della famiglia e della libertà di educazione.
La tendenza a ‘premiare’ Vox si era già evidenziata nella scorsa settimana, quando l’unico vincitore dei dibattiti televisivi dei cinque leader dei partiti maggiori, l’unico vincitore di gran lunga preferito dal pubblico era stato Santiago Abascal, attaccato da tutti ma vincente per il pubblico televisivo.
Difficile che i perdenti socialisti e il loro leader possano formare il prossimo governo senza una reale possibilità di avere alle spalle una maggioranza.
Ulteriore e finale parola sul voto: classificare Vox e i suoi elettori come destra estremista è falso e sbagliato. Falso perché coloro che difendono e promuovono i valori non negoziabili, possono essere certo criticati, ma non per questo è appropriato definir destra estrema una forza politica che difende la vita e non l’aborto, la famiglia e il matrimonio e non le coppie gay, l’educazione e i diritti dei genitori invece della ideologia gender.
Si è dimostrato sbagliato perché crescono di molto degli elettori cattolici e nazionalisti (che difendono l’unità della Spagna dalle tentazioni violente dei catalani), la gran parte degli elettori di Vox vengono dalle file dei popolari e sono stati delusi dalle incoerenze di Casado.
Per capire i flussi elettorali in Spagna, soprattutto ciò che sta accadendo in quest’ultimo anno, si dovrebbe guardare al decennio scorso, quel tentativo maldestro ma poderoso con cui Zapatero ha minato la società civile spagnola, tentando di recidere le radici cattoliche del popolo.
Dopo dieci anni, la reazione a quell’ingiusto e incivile esperimento rosso di ‘ingegneria sociale’ si chiama Vox.
Ora la vera decisione spetterà al leader popolare Casado, vorrà consolidare il centro destra e presentarlo unito nella richiesta di governo istituzionale o preferirà giocarsi da solo l’accordo con Sanchez?
Un fatto è certo, una destra conservatrice e dai forti valori è sorta e si è consolidata in Spagna, sinistra spagnola ed europea ne prenda atto.
Non sono i fantasmi del Generale Franco, ma le ambiguità sull’unità nazionale dei socialisti e le timidezze sui valori non negoziabili dei popolari a far crescere Vox.
Piero Vernigo
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