Ad Amatrice i topi ai minori migrantes 260 euro al giorno
Migranti uguale prezzemolo. Ad ogni occasione si tira fuori una frase sui migranti nel tentativo di stemperare una situazione che può esplodere da un momento all’altro.
Da una parte gli italiani, specie quei 4 milioni e 700mila in condizione di povertà assoluta, dall’altra parte le decine di migliaia di migrantes colored convinti di trovare nel nostro Paese l’eldorado e la pacchia, i quali bivaccano per le strade e le piazze elemosinando e facendo i propri bisogni a cielo aperto.
L’8 agosto 1956 nella miniera Bois du Cazier a Marcinelle, nella periferia meridionale di Charleroi in Belgio, a causa di un incendio nel Pozzo I persero la vita 262 minatori su 275 presenti. Ben 136 furono gli italiani che rimasero intrappolati e senza via d’uscita.
Facevano parte dell’accordo italo-belga del 1946 che prevedeva l’invio di 50.000 lavoratori in cambio della fornitura di carbone.
Voler paragonare gli italiani che partivano attraversando dogane e confini con in tasca un contratto di lavoro a giovanotti palestrati su gommoni con doppio cellulare e scarsa voglia di lavorare è quantomeno eccessivo. I signori politici cresciuti in famiglie borghesi e nella bambagia, ignari del significato concreto di emigrante salgono sul pulpito per dettare insegnamenti e buonismo a doppia cifra.
Certamente sono all’oscuro che sino agli inizi degli anni Settanta nel Centro e Nord Europa vi era inflazione di cartelli di divieto di ingresso agli italiani, che si trovavano nelle loro città per lavorare e rispettare le loro leggi, le loro tradizioni, le loro usanze. Nel momento in cui commettevano infrazioni o irregolarità prontamente venivano sollecitati a lasciare il loro suolo.
I politici non sanno che gli italiani che si sono recati all’estero non hanno valicato le frontiere da clandestini e nelle città europee ed americane non sono andati per elemosinare e vagabondare, ma sono andati solo per lavorare il più possibile ed inviare mensilmente il vaglia a casa. Vi è molto poco in comune, o nulla, con questi giovanotti colored senza mestiere e con scarsa voglia di lavorare.
Quello dei migrantes è un business sul quale stanno lucrando tantissimo una miriade di associazioni collegate a partiti, coop rosse e bianche, con cifre da capogiro.
Lascia esterrefatti lo scandalo scoperto da Il Giornale nelle ultime ore a Ventimiglia dove si spende 260 euro al giorno per mantenere un minore non accompagnato, dove il Comune tira fuori il 30 percento ed il 70 percento l’Asl. Il minorenne viene accompagnato nella comunità terapeutica “Tuga” di Via Creto a Genova ed il Comune di Ventimiglia ha messo in bilancio 17.500 sino al 31 dicembre per mantenerlo e farlo crescere sano e intelligente.
Nelle ultime ore, sempre a Ventimiglia, sono stati messi a bilancio 142mila euro per l’assistenza di altri quattordici minori con scadenza a dicembre prossimo. Il 3 gennaio scorso avevano assunto un impegno di spesa di 42.510 per ospitare minori non accompagnati da marzo a dicembre.
Visto il buon andamento, il 2 febbraio l’impegno di spesa lievita a 182.500 per il periodo gennaio-30 giugno 2017. Trascorrono 15 giorni ed ecco una nuova determina che provvede a stanziare 102.396,31 euro, sempre per minori stranieri non accompagnati, per il periodo da settembre a dicembre del 2016.

Il Campo Zero ad Amatrice
Avendoci preso gusto, il primo marzo l’ennesima delibera per un tempo indefinito, viene specificato blandamente “mesi diversi”, per un importo di 141.176,05 euro.
Per quest’ultima delibera i minori sono destinati: 3 al “Centro di aiuto alla vita – Miracolo di vita” di Sanremo; 3 alla “Opera Nazionale per il Mezzogiorno – Istituto Padre Semeria” di Coldirodi a Sanremo; 4 a “Il Cortine” di Ventimiglia; 2 alla “Comunità L’Impronta” di Genova; 1 a “Casa Bea – Il volo della Gabbianella” di Ortovero, Savona; 1 alla “Casa dell’Angelo – Opera don Guanella” di Genova.
Se dal confine della Francia ci spostiamo nel Centro dell’Italia dove circa un anno fa, il 24 agosto 2016, il sisma distrusse case e affetti di migliaia di persone, il quadro muta notevolmente.
Sinora sono state consegnate 534 casette su 3827 richieste giunte dai comuni terremotati, da metà marzo è stato costruito il Campo Zero ove sono state ultimate le prime Soluzioni Abitative di Emergenza, Sae, a tutt’ora un nucleo familiare su sei vive ancora nelle roulotte, nei camper o sistemati lontano dalle proprie dimore.

Il Campo Zero in fase di costruzione
Abitazioni costruite in fretta e furia con materiali scadenti “Ci hanno mandato in una casa volante dove balla tutto, non volevamo una villa con piscina ma almeno un tetto dignitoso. Molti di noi hanno più di sessant’anni, hanno perso figli, mariti, nipoti, fratelli, sorelle. Non pretendevamo nulla se non la dignità”, confida un’anziana signora all’inviata de La Stampa.
Un’altra signora racconta di aver visto numerosi escrementi di topi sotto il lavello ed il figlio ha realizzato una trappola con il silicone per prenderli, entravano da un buco nel pavimento.
Molti pavimenti si gonfiano, porte che sembrano costruite con cartone pressato, finestre che non si aprono o non si chiudono, maniglie che si staccano da sole, odori nauseabondi provenienti dalle fogne.
Ad allestire le Sae ha provveduto il Consorzio Nazionale Servizi di Bologna, facente parte della Legacoop, che ha impiegato venticinque giorni per montare le casette ricevendo in cambio 1.400.000 euro, solo per montarle.
“Siamo andati a protestare ma ci hanno trattato a pesci in faccia. Per quanti anni dovremo sopportare tutto questo? Io non riesco ad immaginare un futuro a questo punto, e non immagino neppure il presente” è lo sfogo di una signora anziana del Campo Zero. Meglio essere migrantes.
Anselmo Faidit
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